‘La condivisione aiuta giovani e adulti’

La psicologa: importante lasciare a ognuno i propri tempi di reazione

La psicologa Lara Pelagotti

La psicologa Lara Pelagotti

Empoli, 16 gennaio 2018 - A Lara Pelagotti, psicologa empolese, in prima linea anche nelle emergenze con la divisa degli ‘Psicologi per i popoli’, abbiamo chiesto come si riesce a affrontare un lutto straziante come la morte di un ragazzo molto giovane: «La condivisione è la chiave per elaborare una morte improvvisa. Uno dei lutti più complessi con i quali confrontarsi, a ogni età». Quattordici anni. Un pomeriggio trascorso con gli amici. Poi la morte.

Come lo si accetta?

«L’elaborazione è un percorso soggettivo e complicato. Perdere un affetto senza preavviso non ti permette di ‘accogliere’ la morte né di salutare la persona, come in parte può avvenire in caso di malattia. C’è il non detto o il non fatto: in chi deve elaborare la perdita sono mancanze che pesano».

E’ più difficile per un coetaneo o per un adulto? «Per un adolescente il concetto di morte è qualcosa di lontano nel tempo, a cose normali. Per un adulto è qualcosa di più vicino. Detto questo, non direi che matematicamente per una categoria è più semplice rielaborare il lutto rispetto all’altra. Ci sono molte variabili personali».

Il 14enne di Pieve a Ripoli, morto ieri notte, frequentava la scuola superiore. Come si ‘cura’ il banco vuoto in classe?

«Dopo lo choc, il dolore, la rabbia e l’incredulità, è necessario soffermarsi sulla notizia. Il gruppo classe è una risorsa, oltre che un ottimo contesto in cui affrontare il lutto. I coetanei parlano la stessa lingua».

Condividere, dunque…

«Più condivisione significa più capacità di parlare anche a casa dell’accaduto. Diventa l’inizio di un percorso di elaborazione giovane/adulto».

E se qualcuno si trincera nel silenzio. Va rispettato o ‘spinto’ al dialogo?

«Spingere al dialogo è una contraddizione in termini. Il tempo della condivisione arriva per tutti, ma talvolta bisogna saper aspettare, rispettando il bisogno soggettivo di ognuno»

Ma quel banco in classe deve sparire o restare?

«Il banco a scuola è un po’ come la cameretta a casa. E’ un luogo intimo a suo modo, perché vissuto da chi non c’è più. Penso che sia importante coinvolgere i ragazzi per decidere del suo futuro».