Il santone e le sue donne. Violenze sessuali come esorcismi

Alla sbarra l’ex prete Mauro Cioni accusato di riduzione in schiavitù

Tribunale (foto d'archivio)

Tribunale (foto d'archivio)

Empoli, 12 aprile 2015 - Nello studio di Montecchio (Arezzo) di Mauro Cioni, il santone settantenne empolese già parroco di Ortimino, che si proclama come un’entità intermedia fra i suoi adepti e Dio, c’era una cimice piazzata dalla polizia. E le intercettazioni raccolte col microfono, insieme a quelle telefoniche, sono state il piatto forte dela prima giornata nella corte d’assise aretina in cui l’ex sacerdote (ha chiesto lui stesso la dispensa dopo aver messo incinta trent’anni fa la donna che è ancora la sua compagna) è accusato non solo di violenza sessuale su molte delle fedeli plagiate, ma addirittura di riduzione in schiavità della comunità che si era raccolta attorno a lui. A Montecchio, frazione di Cortona, in una cerchia nei cui segreti per anni è stato pressoché impossibile penetrare. Fino alla scissione del settembre 2009, quando Carlo Carli, l’altro accusato (stessi reati) del processo, se ne andò per formare una sua setta. Dando la stura alle rivelazioni da cui è nata l’inchiesta ora sfociata in un processo.

Ma cosa si dicevano Mauro Cioni – ordinato sacerdote nel ’69, sospeso a divinis nell’85 e tornato allo stato laico alla fine degli anni 80 – e i suoi fedelissimi? E’ la mossa d’apertura del pm Angela Pietroiusti, della Dda di Firenze, che chiama sul banco dei testimoni il poliziotto che seguì le intercettazioni (partono dal 2009, dopo la spaccatura della setta), Bruno Zambon, della Mobile di Firenze, cui si devono le indagini capaci di scoperchiare un verminaio: violenze sessuali come pratica esorcistica contro il demonio, adepte che credevano di essere ognuna la predestinata chiamata da Cioni a far sesso con lui come prova di una predilezione divina, soldi che finivano nelle tasche del santone a decine di migliaia di euro, singolari teorie teologiche.

Ma di questo dovranno parlare le protagoniste e i protagonisti nella prossima udienza, il 17 aprile. Molte delle ex adepte provengono dalle zone tra Empoli, Montespertoli e Castelfiorentino.

Il poliziotto della Mobile, intanto, in aula racconta di un clima dentro la comunità che dopo la scissione si era fatto quasi impossibile. Niente più pratiche sessuali e nervi a fior di pelle, con pulsioni suicide. Come il fedelissimo che spiega, intercettato dalla cimice, di essere stato tentato di buttarsi dal tetto mentre ci lavorava.

Il pomeriggio, invece, è dedicato a un altro agente della Mobile, Carlo Benelli, che si è occupato delle intercettazioni relative alla porzione di setta finita sotto la direzione di Carli, non più a Montecchio ma a Siena. Infine tocca a un maresciallo della Finanza, che ha seguito i conti della comunità e in particolare del santone, che non ha mai lavorato e ha sempre vissuto dei contributi degli adepti: nelle sue disponibilità bancarie, dal 2005 al 2010, sono transitati 110mila euro, la gran parte dei quali (95mila) in contanti. Anche Carli secondo le accuse aveva la stessa abitudine: farsi mantenere dai fedeli, ma suo padre, primario delle Scotte di Siena, ha restituito in tutto o in parte quanto le donne della comunità avevano versato.

Nelle prossime udienze si discuterà di altri apsetti dell’inchiesta, come le singolari idee teologiche del secondo santone, riferite dalle sue donne: Gesù predicava la ricchezza e non la povertà, per questo San Francesco e Padre Pio sarebbero stati condannati all’inferno.