Scontro fatale a Castiglioncello, l'automobilista: "Ho sempre detto la verità"

Fu coinvolta nella morte di un 14enne. "In quell'incidente non ero contromano"

Tribunale (foto d'archivio)

Tribunale (foto d'archivio)

Capraia e Limite, 22 febbraio 2017 - «Il giudice ha stabilito che quanto raccontato, con sincerità, sia da me che da mio marito fin dai minuti successivi a quel terribile incidente è la verità. Dopo anni, finalmente, è stato riconosciuto». C’è soddisfazione, non certo gioia, nelle parole di Marinella Marcacci. Lei, residente a Capraia e Limite, è la donna che si trovava alla guida della Citroen Berlingo contro la quale, il 4 agosto 2013, in via Macchiaioli a Castiglioncello, nel comune di Rosignano Marittimo, si schiantò Cesare Meini, 14 anni, giovanissimo di Ponsacco.

Il ragazzo viaggiava in sella al suo motorino quando si verificò l’impatto, per lui tragicamente fatale. «Eravamo arrivati da poche ore al mare – ricorda la Marcacci, rinviata a giudizio con l’accusa di omicidio colposo e assistita dall’avvocato Antonio D’Orzi –. Era domenica pomeriggio, il primo giorno di ferie, stavamo andando a fare la spesa. Tutto bene, finché in via Macchiaioli, dove si incrocia con via Sernesi, ho sentito un botto. Non so descriverlo. Un rumore di lamiera».

Il resto è storia fissata su carte processuali, sviscerata nel corso di udienze che hanno avuto un esito inatteso. Il giudice del tribunale di Livorno, Carlo Cardi, dopo la camera di consiglio, non ha emesso una sentenza, bensì un’ordinanza con la quale ha stabilito che «i dati tecnici acquisiti escludono di per sé soli la fondatezza dell’ipotesi ricostruttiva patrocinata dai difensori di parte civile», ossia di uno scontro frontale tra i due mezzi, rinviando gli atti al pm. Nessuna condanna, nessuna assoluzione.

Al processo si era arrivati (dopo una prima richiesta di archiviazione accolta dal gip a settembre 2013 sulla base dei rilievi della municipale) a seguito di una perizia di parte civile che dava una ricostruzione della dinamica dell’incidente opposta a quella sostenuta (la donna avrebbe viaggiato contromano) e di una imputazione coatta. Dopo tre anni è stato accertato che municipale e Marcacci avevano ragione.