Gulotta, giustizia è fatta. Lo Stato ha pagato il carcere ingiusto

Arrivati i sei milioni di euro per 22 anni in cella. E si regala la Porsche

Giuseppe Gulotta (Germogli)

Giuseppe Gulotta (Germogli)

Certaldo (Firenze), 14 gennaio 2017 - Lo Stato, finalmente, ha pagato. A cinque anni dalla sentenza di revisione emessa dalla Corte di Appello di Reggio Calabria (13 febbraio 2012) Giuseppe Gulotta, l’uomo che ha trascorso 22 anni in carcere da innocente, è stato risarcito con 6 milioni e mezzo di euro. La cifra più alta che lo Stato Italiano abbia mai sborsato per riparare ad un errore giudiziario. Ora l’ex muratore di Certaldo ha 59 anni, in carcere ci era finito a 18 anni e fino al febbraio 2012 per la giustizia italiana era un assassino. Era stato condannato all’ergastolo perché considerato responsabile (l’esecutore materiale) del duplice omicidio di Alcamo Marina del 1976, in cui furono uccisi i due carabinieri Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta. Gulotta fu prelevato dalla sua abitazione, portato in caserma, legato mani e piedi a una sedia, picchiato, minacciato di morte con una pistola. Per dieci ore venne torturato per farlo ‘confessare’. Mezzo morto, la mattina successiva firmò la sua condanna. Inutile le ritrattazioni davanti al giudice e il racconto di quella notte nelle mani degli aguzzini in divisa. Ha gridato per anni la sua innocenza, ma nessuno lo ha più ascoltato. La sua vita precipitò in una voragine. Identico il destino giudiziario dei suoi "complici". In carcere, da innocenti, finirono altre tre persone. Solo dopo 36 anni di tormenti, Gulotta è riuscito a dimostrare la sua totale innocenza nel processo di revisione – il caso fu riaperto grazie alle rivelazioni di un ex carabiniere che aveva assistito alle torture – concluso con la sua assoluzione con formula piena, esattamente 36 anni dopo il giorno del suo arresto. Il 20 luglio successivo si è chiuso con l'assoluzione anche il processo di revisione per Gaetano Santangelo e Vincenzo Ferrantelli, i presunti complici, fuggiti in Brasile prima della sentenza definitiva e rimasti 22 anni lontani dall'Italia. E infine – evento straordinario, forse unico nella storia giudiziaria italiana – è stato celebrato il processo di revisione anche nei confronti di Giovanni Mandalà, morto in cella nel 1998. Anche questo processo si è chiuso con la assoluzione piena e la riabilitazione del condannato. “Anche ottenere questi soldi non è stato facile – ammette l’avvocato Pardo Cellini che insieme al collega Baldassare Lauria hanno permesso a Gulotta di avere giustizia –. Dalla sentenza assolutoria sono passati cinque anni in cui Giuseppe e la sua famiglia hanno patito grosse sofferenze”. Un anno fa l’uomo milionario sulla carta viveva ancora dell’azione caritatevole del parroco del paese, don Pierfrancesco Amati, di qualche lavoretto saltuario offerto da amici e di un credito bancario ‘scoperto’. Ora, finalmente, ha anche la libertà ‘economica’ di potersi godere la vita. “Mi sono fatto un regalo – confida – una Porsche Cayenne: è stata una vera occasione. Ma ciò che desidero fare adesso è poter ricambiare chi mi ha sempre aiutato. Penso, prima di tutto, a don Pierfrancesco. Avevamo parlato di realizzare una sala polifunzionale per la parrocchia. Insieme vedremo quello di cui c’è bisogno”. Gulotta penserà anche alla Fondazione che porta il suo nome. Verrà costituita ufficialmente il prossimo mese. La volontà di Gulotta è di utilizzare i soldi del risarcimento proprio per offrire alle vittime di errori giudiziari una tutela in termini di consulenza legale e di supporto psicologico. "Nel mio percorso carcerario – racconta – ho incontrato persone innocenti come me. Nessuno dovrebbe mai subire una simile ingiustizia