'Buon viaggio, caro amico'. In centinaia per l'addio a Marco Alderighi

Commozione e disperazioni tra amici e parenti. Con il pensiero a Michele Di Giovanni in lotta per la vita

Un momento dei funerali (Fotocronache Germogli)

Un momento dei funerali (Fotocronache Germogli)

Empoli, 19 gennaio 2018 - «Si tratta di un’ingiustizia». Non riesce a smettere di ripeterlo Caterina, mentre la chiesa di Santa Maria, incapace di accogliere le centinaia di persone accorse al funerale del ‘suo’ Marco, si riempie delle note dell’Hallelujah. Il volto segnato da notti di lacrime e pensieri. Il pianto prende il sopravvento.

E’ l’ennesimo, da quando, lunedì, Marco Alderighi, ristoratore empolese di 39 anni, suo compagno e padre della loro bimba di appena quattro anni, è stato trovato senza vita a San Pellegrino in Alpe. A ucciderlo, in Garfagnana, nella casa di famiglia, il monossido di carbonio. Con lui c’era Michele Di Giovanni, 42 anni, amico e socio prima al Green Stage di Montelupo Fiorentino, poi allo ‘Zenzero’ e attualmente al ristorante Osteria n°30, nel cuore di Empoli: è ricoverato all’ospedale pisano di Cisanello, in prognosi riservata, sedato, in gravi condizioni.

«Preghiamo perché possa restare in vita», l’invito durante l’omelia di don Guido Engels, proposto della Collegiata ieri ospite nella chiesa di Santa Maria a Ripa. Lì sono state celebrate le esequie di Alderighi. Dolore e speranza, recita il sacerdote dall’altare, provando a spiegare che «non è una vita lunga quella che dà senso alla vita, ma una vita ben spesa». Di fronte a lui, accanto alla bara di legno chiaro, babbo Fabio, mamma Stefania e Simone, il fratello maggiore del 39enne, assai conosciuto in città.

Tutta Empoli (e non solo) ha voluto dirgli addio. A partire dai colleghi del ‘giro’ fino ad arrivare al sindaco Brenda Barnini, con indosso la fascia tricolore. E poi ci sono gli amici del mondo del calcio del quale Alderighi è stato protagonista con il suo istinto da attaccante decisivo. «Oh Marcone», sussurra un amico, accompagnando la bara con lo sguardo, prima di mordersi le labbra. Si fa fatica a tenere a bada rabbia e sgomento. Ad abbracciare la famiglia, c’è anche Federico Guidi, allenatore della Nazionale Under 20, ex compagno di squadra dello sfortunato imprenditore dal sorriso inconfondibile.

Un sorriso che mancherà a chi lo ha incrociato almeno una volta. E’ una certezza. Gli amici si abbracciano, aggrappandosi gli uni agli altri, mentre mamma Stefania pensa alla nipotina e riflette «bisogna sopravvivere. Per forza». Ma quanto dolore con cui dover fare i conti.

«Ora siamo nel combattimento, è vero, ma dobbiamo guardare all’esempio che Marco ci ha dato», riprende don Guido, ricordando l’arte di Marco, «servire, una cosa buona di cui hanno bisogno le persone intorno a noi». E l’immagine di quel ragazzo d’oro scuote chi è seduto sulle panche, mentre chi è in piedi nella piazzetta antistante la chiesa e nei giardini di fronte alla scuola della frazione, aspetta paziente l’uscita del feretro. Santa Maria è un fiume di gente. Attonita, silenziosa. In una parola: triste.

Samanta Panelli