Castelfiorentino, la notte di sangue: «Così ho disarmato quell’uomo»

Dal letto d’ospedale parla uno dei feriti nella sparatoria di lunedì. «Io un eroe? Non esageriamo?»

Uno dei due feriti in ospedale. Foto Gianni Nucci/Fotocronache Germogli

Uno dei due feriti in ospedale. Foto Gianni Nucci/Fotocronache Germogli

Castelfiorentino, 12 gennaio 2016 - «Eroe? Non esageriamo». E poi un sorriso appena accennato a svelare un filo di imbarazzo proprio di chi è poco avvezzo alle luci della ribalta. Come il trentacinquenne di origini marocchine che, lunedì sera a Castelfiorentino, è rimasto ferito in maniera seria a un femore: è una brutta ferita alla gamba sinistra quella che lo tiene costretto a letto, in una stanza al quarto piano dell’ospedale San Giuseppe di Empoli, nel reparto di chirurgia. «Domani (oggi, 12 gennaio, ndr), dovrebbero operarmi. Sono in attesa», ci spiega. Al suo fianco, seduta sulla poltrona che spetta al visitatore, c’è sua moglie. E’ ancora incredulo per quanto accaduto. «Che le devo dire: è successo tutto in pochi istanti, non ho avuto nemmeno il tempo di reagire», sottolinea, tornando con la mente a quegli interminabili minuti, poco dopo le 22.30 di un lunedì sera all’apparenza normale.

«ERO APPENA arrivato: ho saputo che prima c’era stata una lite tra chi poi mi ha sparato e un altro ragazzo che conosco. Me ne hanno parlato, perché io in quel momento non era ancora al bar – ricorda –, Dopo aver cenato a casa, nella parte alta di Castelfiorentino, ero sceso in piazza come d’abitudine. Non abito molto lontano dal bar. Appena il tempo di entrare che, dalla porta a vetri, ho visto arrivare un uomo. E’ sceso dalla macchina, barcollava: sembrava non si reggesse in piedi». L’uomo in questione era il trentaquattrenne albanese che di lì a poco si sarebbe reso autore della sparatoria di cui il giovane marocchino porta segni evidenti. Lo stesso alla ricerca del quale i carabinieri della Compagnia di Empoli stanno indagando, senza sosta e a tutto campo da tre giorni. «L’ho visto camminare verso la porta ed entrare – continua il ferito –. E, passata la soglia del locale, mi sono reso conto che aveva in pugno una pistola. La stringeva in mano e mi sono preoccupato, così mi sono diretto verso di lui per disarmarlo».

UN’AZIONE immediata, senza pensarci su due volte. «Non ho avuto tempo di pensare, non c’era tempo – spiega – Gli ho afferrato il polso e per tutta risposta ha esploso il primo colpo, finito a terra, sul pavimento». Si è fatta avanti anche la proprietaria del locale. L’uomo armato è stato spinto fuori dal bar, dove sono stati sparati altri colpi, tra i quali i due che hanno raggiunto il trentacinquenne alla gamba e l’altro marocchino, «un mio conoscente», all’altezza del pube. «Ed eccoci qua – commenta –. Certo, poteva andare peggio. Se lo rifarei? Mi sono lasciato guidare dall’istinto, ma non mi sento certo un eroe: se ti trovi davanti uno con la pistola, cerchi di bloccarlo, di evitare che qualcuno si faccia male. Perlomeno ci provi».

TANTI gli attestati di stima e solidarietà ricevuti da amici e conoscenti. «In molti mi hanno fatto visita o si sono accertati delle mie condizioni – racconta l’uomo, da otto anni a Castelfiorentino, di professione muratore –. L’integrazione? Nessun problema particolare. Quando sono arrivato in Italia, quasi vent’anni fa, ho vissuto in Sardegna, a Roma fino ad arrivare a Castello. Ne ho visti di tutti i colori e quello che posso dire è che c’è gente per bene e gente che è meglio non incrociare. Quello che l’altra sera ha sparato appartiene alla seconda categoria».