Aggressione nel parco, la psicologa: "In casi come questo serve tempo"

L'esperta: "Il rischio di morire è la peggiore delle minacce"

Laura Pelagotti

Laura Pelagotti

Montelupo Fiorentino, 18 ottobre 2017 - «Il rischio di morire è la peggiore delle minacce: chi lo sperimenta ha bisogno di tempo per sentirsi di nuovo in sicurezza». Lara Pelagotti, psicologa empolese, cerca di aiutarci a capire il perché dei silenzi e dei ‘non ricordo’ pronunciati dalla giovanissima picchiata selvaggiamente all’alba di sabato. La ragazza alle domande del pm Falcone avrebbe dato risposte a tratti elusive. Come a voler trattenere una verità difficile.

Una vittima di violenza può scegliere di proteggere il mostro?

«Non è detto che si tratti di una scelta. Chi è vittima di un evento traumatologico viene colto di sorpresa, colpito all'improvviso: può avere reazioni ‘strane’ per gli occhi di chi non ha vissuto un’esperienza simile». 

Si spieghi meglio...

«Prendiamo il caso di vittime che conoscano i propri aggressori: percentuali alla mano,emerge che scelgono di denunciare meno».

Perché?

«I fattori possono essere molteplici, ma di base un legame rende più complesso denunciare perché rabbia, tensione, angoscia sono condite da senso di colpa».

La vittima si sente responsabile?

«Non è raro. A maggior ragione, se l’aggressione scattasse al culmine di una lite».

Dunque, in caso di conoscenza vittima-carnefice, il silenzio può essere una scelta?

«Può succedere in virtù del senso di affetto e responsabilità. Fermo restando che le vittime di un trauma non hanno la realtà dei fatti così chiara causa shock emozionale».

Quindi, serve tempo?

«Qualche giorno dal punto di vista psicologico non è molto: la vittima deve confrontarsi con se stessa, analizzare, sentirsi al sicuro».

E l’aggressore? Cosa porta a un’azione così feroce?

«Di base, un’incapacità a gestire le emozioni e una propensione all’impulsività. Poi basta un rifiuto, una provocazione: l’innesco è qualcosa che non viene accettato.La rabbia incontrollata diventa furia riversata in modo brutale su una persona privata delle sue connotazioni umane, divenuta oggetto e caricata di una grave colpa».

E se ad agire è il branco?

«Aggredire in due o tre o più genera un meccanismo in cui è probabile che nessuno fermi l’altro. Si agisce da gruppo, appunto».

Senso di appartenenza deleterio...

«Nei rapporti di amicizia è compresa anche la volontà di tutelare l’altro. Non viene mai meno neppure in caso di scontro».