Empoli, 20 ottobre 2012 - In via tecnica, la pietra definitiva sopra il caso Furlan e la vicenda Voli è appena arrivata: c’è stata l’udienza in Corte d’Assise d’Appello in seguito al ricorso a suo tempo inoltrato da Ubaldo Voli e dal suo avvocato Saverio Giangrandi, per smontare la sentenza di primo grado che aveva condannato il 74enne ex imprenditore quale autore dell’omicidio dell’ex convivente Maria Silvana Furlan (55 anni) e dell’occultamento del cadavere.

La Corte ha ritenuto il non doversi procedere, per la sopravvenuta morte dell’imputato. Voli è scomparso un anno fa, ospite di una casa di cura fiorentina, per una grave malattia. «Così, il caso Furlan rimarrà in sospeso», questo il commento dell’avvocato Saverio Giangrandi all’indomani di questo passaggio in Appello. Il legale punta l’attenzione su quella parola: «Imputato, non reo. Non si parla di morte del reo».

A suo parere l’omicidio di Maria Silvana, detta “Mara”, trovata morta da un cercatore di funghi sul Montalbano la sera dell’8 dicembre del 2007, rimarrà dunque “sospeso” con corredo di punti interrogativi. Non sono di questo parere la sorella di Mara (entrambe originarie di Gorizia), e il figlio della donna uccisa, Francesco.

Quest’ultimo, commentando le due puntate della trasmissione Rai “Un giorno in Pretura” che ha trattato il caso Furlan, ha ribadito che la condanna di Voli era giusta. Dopo la sentenza di primo grado, Voli temeva di “non fare in tempo” a dimostrare la propria innocenza in Appello. Sentiva che la malattia lo stava divorando.

In via tecnica, a questo punto, si conclude una storia iniziata quasi 5 anni fa: Mara, bella signora vedova di un noto professionista empolese, scomparve dalla villetta di via Petrarca, a Spicchio, il 24 novembre 2007. Condivideva quel tetto con Voli, anche se il rapporto ormai era finito. Scattarono le ricerche. Il corpo di Mara fu rinvenuto nel bosco di Castra due settimane dopo. L’attenzione degli inquirenti puntò subito su Voli. Il figlio Francesco Giusti entrò e uscì poco dopo dall’inchiesta. Voli fece quasi un anno di carcere. Poi il rinvio a giudizio e il primo grado: colpevole. Ora l’Appello, che ha messo fine alla vicenda.
Andrea Ciappi