Grosseto, 13 ottobre 2012 - «Ciao Matte». E’ stato il saluto dell’avvocato Luca Tafi, uno dei difensori di Matteo Gorelli, quando ieri pomeriggio il ragazzo ha lasciato il Tribunale di Grosseto, accompagnato e protetto da tre agenti della polizia penitenziaria. Non erano ancora scoccate le 5 del pomeriggio. Lui si è voltato, ma non ha risposto. Il ventenne di Cerreto Guidi è tornato a Milano, nella comunità Exodus di don Mazzi, dove vive da alcune settimane, in regime di arresti domiciliari.

Ieri è tornato a Grosseto, dove ha trascorso diciassette mesi in carcere, per assistere la discussione della perizia psichiatrica su di lui. Quattro ore interminabili, anche per il perito, il professor Romano Fabbrizzi, che ha prima esposto il suo lavoro e poi ha replicato alle domande, incalzanti dei consulenti di parte. Ha ribadito con fermezza che Gorelli al momento dell’aggressione era «pienamente capace di intendere e di volere». Senza se e senza ma. Di contro i consulenti della difesa che, invece, sostengono che la patologia borderline di cui è affetto Matteo, invece, ha fatto «scemare la capacità di intendere e di volere». Una patologia che è in parte stata riconosciuta anche dal professor Fabbrizzi, ma che secondo lui non ha fatto venire meno la volontarietà del ventenne di uccidere. Di capire che cosa stava facendo.


Al termine del lungo esame della mente del ragazzo, i suoi legali, gli avvocati Luca Tafi e Francesco Giambrone, hanno chiesto che il loro assistito venga giudicato con rito abbreviato. «Avevamo chiesto l’abbreviato condizionato ad un supplemento di perizia, per sanare i contrasti che sono emersi in aula — hanno spiegato — ma il giudice non lo ha ritenuto necessario, quindi Matteo sarà giudicato con rito abbreviato». Il gup Marco Bilisari ha anche fissato la data per la discussione dell’abbreviato, che significa, comunque, uno sconto di pena: il sette dicembre prossimo. Giorno in cui, con molta probabilità, sarà emessa la sentenza di primo grado sulla brutale aggressione di Sorano.
Cristina Rufini