Empoli, 7 agosto 2012 - ALLA FINE dovremo andare a caccia... di cacciatori. Perché ce ne sono sempre di meno. In questi giorni nei Comuni è cominciata la consegna dei tesserini venatori. La Provincia, col concreto aiuto del Circondario, sta mettendo a punto il Piano Faunistico che sarà valido per i prossimi cinque anni: via libera definitivo entro fine anno o al massimo a gennaio. Il primo settembre c’è la prepaertura della caccia.

 

Già, ma tutto questo gran lavoro per chi è? Questa domanda si rincorre nella torrida estate 2012, ed il perché sta nei numeri. In dieci anni, i cacciatori nel Circondario sono andati incontro ad un crollo. Il riferimento è nel numero dei tesserini del 2001/02 ed in quello del 2011/12, secondo dati del Circondario: si è passati da quasi settemila a cinquemila. Ma sono significative anche le cifre dell’ultimo anno disponibile (confronto tra 2010/11 e 2011/12).

 

Vediamo Comune per Comune: a Capraia e Limite tasso invariato (188), a Castelfiorentino da 500 a 475, a Cerreto Guidi da 439 a 422, a Certaldo da 600 a 576, a Empoli da 978 a 923, a Fucecchio da 741 a 704, a Gambassi Terme da 280 a 231, a Montaione da 210 a 204, a Montelupo da 376 a 324, a Montespertoli invece c’è un aumento da 527 a 561 ma c’è poco da cantar vittoria se dieci anni fa si era oltre quota 600 e 18 anni fa a 708, a Vinci da 482 a 464. Più in generale, estendendo lo sguardo al ventennio trascorso, in tutta la Provincia di Firenze, si è passati da 35.655 a 20.399. Cifre impietose. Unite al fatto che, sempre stando ai dati del Circondario, l’età di molti cacciatori è Over 60. Chi “gioca” contro la caccia? La crisi economica? Le battaglie degli ambientalisti? L’eccessiva burocrazia? Ciascuno di questi aspetti ci mette del suo, a sentire chi col pianeta-caccia è a stretto contatto. Certo, i 500 euro all’anno che in media, fra tasse ed assicurazione, si devono spendere per andare a caccia, di questi tempi possono avere un determinato peso, ma più che altro stanno avendo ragione la burocrazia ed il mutamento profondo di abitudini. «La società italiana — fa presente Federico Merli, dell’ufficio Caccia al Circondario — è ormai lontana dalla civiltà rurale, dove la caccia è maturata. La campagna stessa, con le colture specializzate, non è più rurale in senso stretto. Il calo del numero di cacciatori è perciò più accentuato nei centri urbani maggiori».

 

Dario Parrini, sindaco delegato, punta l’indice contro il cambio di generazioni: «I fattori che pesano sono più d’uno, ma quello di gran lunga prevalente è culturale e generazionale. La popolazione italiana invecchia e l’età media dei cacciatori, già molto alta, si alza di pari passo. Il numero di praticanti l’attività venatoria è in calo continuo da decenni (trent’anni fa erano quasi due milioni su scala nazionale, ora sono meno di settecentomila). La burocrazia e le restrizioni possono essere un problema ma non mi sembrano, all’atto pratico, un elemento decisivo: lo rivela il fatto che dopo la legge 157 del 1992 (che ha regolamentato il settore e introdotto nuovi limiti) la velocità di riduzione del numero di cacciatori non è aumentata, anzi si è calmata». Ma non si è arrestata.