Liberalizzare il futuro

L'editoriale

Pier Francesco De Robertis

Pier Francesco De Robertis

Firenze, 26 febbraio 2017 - Il mondo cambia alla velocità della luce ma la vita quotidiana resta imprigionata in una realtà fatta di regole e codici che non mutano, che come fossili preistorici ci ricordano il passato. Il futuro arriva, sconquassa le abitudini e lascia sul terreno le sue vittime. Noi. Perché se l’azienda Italia è ferma al palo, con la sue incrostazioni corporative che tutelano i soliti noti, alla fine a rimnetterci sono sempre e solo i cittadini. Noi. E’ stata la settimana dei tassisti che contravvenendo alle regole sugli scioperi si sono ribellati all’offensiva di Ncc, ma sarebbe potuta essere quella degli ambulanti che insorgevano contro la direttiva europea (la Bolkestein) sulla messa a gara delle concessioni, oppure dei notai che cercavano in tutti i modi di allargare il perimetro di chi esercita la professione, dei farmacisti decisi a impedire la nascita di nuovi punti vendita, o delle grandi compagnie di energia (luce e gas) decise a sbarrare la strada a una vera deregulation delle tariffe.

Poteva essere tutto questo, e in questi mesi lo è stato. Con lo stesso identico copione: le lobby che fanno il loro mestiere - difendere se stesse - e la politica che non ha la forza di resistere e si piega agli interessi di parte. Abdicando così al proprio ruolo, ossia tutelare gli unici interessi che per un politico dovrebbero contare, quelli dei cittadini. Il governo Renzi e poi quello Renzi/Gentiloni continuano così nell’inazione che sul tema liberalizzazioni ha contraddistinto più o meno tutti i loro predecessori, non cogliendo l’importanza di una svolta di cui il Paese avrebbe necessità vitale. Peccato mortale per una narrazione, quella renziana, che aveva fatto del «futuro» il proprio mantra e della sfida della modernità il proprio programma di governo. Altro che ottanta euro, se avesse davvero sciolto un po’ di lacci e varato le liberalizzazioni che in tanti chiedono, il governo Renzi avrebbe davvero fatto crescere la busta paga degli italiani in termini di risparmi, a cominciare da tariffe e servizi.

Renzi e l’ex ministro Federica Guidi avevano provato a predisporre una legge sulla concorrenza (in omaggio a un’altra legge, del 2009) ma il provvedimento è stato prima amputato, poi attenuato e infine fatto spiaggiare su un binario morto al Senato. Troppi interessi da toccare, troppi per un politico come Renzi sempre alla ricerca del consenso. Modello, appunto, 80 euro. Un fallimento grave, marcato anche dal paradosso che in fin dei conti l’unico ad aver smosso qualcosa sulle liberalizzazioni negli ultimi anni era stato il comunista Bersani, il «vecchio» Bersani. Ma almeno su questo il vecchio ha funzionato meglio del sedicente nuovo.

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