Un'Europa à la carte

L'editoriale del direttore della Nazione, Pier Francesco De Robertis

Pier Francesco De Robertis

Pier Francesco De Robertis

Firenze, 26 marzo 2017 - Come in un verso palindromo, la retorica antieuropeista e europeista si sovrappongono e si annullano a vicenda. Quelle due narrazioni contrapposte che ci accompagnano da tempo e che in questa settimana di messe cantate sui destini del Vecchio continente sono risuonate a ripetizione. Discorsi al vento, il più delle volte, in cui il fine propagandistico ha ragione sulla verità dei fatti e la logica dei proponimenti. Dato per assodato che l’Unione europea così com’è non funziona, che è giunta al capolinea, ogni leader non la canta però giusta. Renzi fa la faccia feroce e batte i pugni sul tavolo di Bruxelles ma quando ottiene un po’ di flessibilità invece di usarla per gli investimenti la impiega per aumentare le spese correnti e pagarsi la campagna elettorale con la mancia degli 80 euro; Salvini riscuote il proprio stipendio di europarlamentare da quell’Europa che vorrebbe asfaltare e predica un’uscita dall’euro che sa impraticabile, per prime verso le aziende esportatrici del nord leghista; Berlusconi strizza l’occhio agli euroscettici salvo poi esprimere il presidente dell’europarlamento, Antonio Tajani; Grillo non va oltre un po’ di slogan vuoti, inconcludenti e contraddittori, un giorno con il campione dei no-euro Nigel Farage e un giorno contro.

Ognuno incarna una sua idea di Europa à la carte e la strombazza per sintonizzarsi sul mainstream del momento, senza andare al nocciolo della questione: l’Unione europea che serve non è quella tedesca, non è quella dei burocrati di Bruxelles, dei banchieri autoreferenziati o dei reciproci veti sulle quote dei migranti. E’ un’Unione che dia regole che non penalizzino un membro rispetto ad altri ma che tutti rispettino, noi per primi; che ci faccia fare quel salto di qualità in termini di buon governo di cui abbiamo bisogno, più comunitaria e meno intergovernativa. Che sia un motore e non un freno.