Giovedì 18 Aprile 2024

Il disgelo dell'aria

L'editoriale del direttore de La Nazione Marcello Mancini

L'editorialista de La Nazione Marcello Mancini

L'editorialista de La Nazione Marcello Mancini

Firenze, 21 dicembre 2014 - Nei giorni in cui a Cuba, il monolite castrista si arrende al capitalismo e aggiorna l’orologio della storia, fermo alla rivoluzione del 1959, la Toscana - è una coincidenza politica significativa - sorpassa l’eredità ideologica post comunista, che le ha impedito per oltre quarant’anni, di sviluppare un’idea di aeroporto della regione, che potesse competere con i grandi scali internazionali. In entrambi i casi una rinuncia alla crescita, e in ogni modo una sconfitta - a Cuba dell’utopia, in Toscana dell’immobilismo - destinata a cambiare il futuro. Un accostamento che magari giudicherete eccessivo, eppure non così stridente nella filosofia storica, che sancisce la fine della «guerra fredda» fra Firenze e Pisa. Con l’obiettivo principale di creare in Toscana un polo strategico e una sinergia intelligente, che consenta ai due scali di esprimere il massimo, senza penalizzarne le caratteristiche. Il parallelismo politico con Cuba, ha una ragione per il fatto che il ruolo principale di questa apertura, l’ha svolto il governatore Rossi, massimo interprete dell’ala sinistra del Pd nelle istituzioni, che ha sacrificato gli antichi dogmi al moderno sviluppo.

LA SINISTRA radicale ha incassato il ridimensionamento - se non l’accantonamento - mentre Rossi si è conquistato la patente di riformista, applaudito dalla maggioranza Pd, che lo sente un po’ più «suo» candidato nella corsa per la rielezione. Un coraggio che probabilmente sconterà al voto di primavera, ma è calcolato e lo legittima come candidato «diversamente renziano», posizione forte senza far dispiacere alla linea del segretario. In Toscana si profila così una soluzione condivisa per la presidenza dal 2015 e la regione del premier non sarà un pugno nel fianco della dorsale democratica. I grattacapi della minoranza del partito, a Renzi arriveranno da altre parti ma non da qui, dove anche la zavorra della sinistra radicale ha perso peso ed è prevedibile che da oggi in avanti condizionerà sempre meno le scelte sul territorio. L’operazione legata a «Toscana Aeroporti», che era già stata pianificata da Renzi-sindaco e da Rossi, con qualche comprensibile malumore pisano, ha avuto in settimana il primo via libera alla fusione, che consegnerà la maggioranza delle azioni a Corporacion America - la società argentina diventerà così il nuovo «padrone» - e poi il ruolo di amministratore delegato a Pisa e quello di presidente a Firenze. Non sarà una spartizione indolore, perché al disco verde politico vanno aggiunte garanzie chieste dal fronte pisano, come quella di mantenere al Galilei funzioni direzionali e operative. Ma insomma il grosso è fatto. Quello che conta è l’impegno di Corporacion America e la promessa di investire sulle infrastrutture, perché l’obiettivo è l’aumento di passeggeri che potrà portare anche a posti di lavoro e, di riflesso, a incrementare l’indotto. E finalmente salutiamo i giochi delle parti e il fastidioso imbarazzo che per anni ha caratterizzato il comportamento della Regione, pronta ogni volta a parlare di sinergia ma a incagliarsi subito nei veti ideologici ereditati dal regime del «no». Rimosso l’«embargo», calato il «disgelo» fra Firenze e Pisa - come fra Cuba e gli Usa - la vera rivoluzione è adesso.