L'Italicum con poco verso

L'editoriale del direttore de La Nazione

Pier Francesco De Robertis, direttore della "Nazione"

Pier Francesco De Robertis, direttore della "Nazione"

Firenze, 3 maggio 2015 - Quella che da questa settimana dovrebbe entrare in vigore è una cattiva legge elettorale ma nessuno di quelli che si sono stracciati le vesti in questi ultimi due o tre giorni contro il premier e le sue forzature possiede la statura politica per sollevare un serio interrogativo sul metodo con il quale si è arrivati all’epilogo, e a far sì che le questioni di metodo continuino a stare davanti a quelle di merito. Che ci sono e si stagliano avanti a tutto. Il problema infatti non è tanto che Renzi ha messo la fiducia su un provvedimento di cui si discute da vent’anni, che un anno fa è stato approvato in Senato anche da chi adesso grida al golpe, quanto che l’Italicum è una delle più sgangherate leggi elettorali che l’Italia ricordi, una legge che ripropone quel parlamento in massima parte di nominati di cui gli italiani in mille sondaggi hanno sempre detto di non voler sapere, e che consegna a una piccola parte dell’elettorato la possibilità di decidere le sorti del paese e di tutte le istituzioni.

Combinando infatti l’esagerato premio di maggioranza con riforme istituzionali che non prevedono sufficienti garanzie di equilibrio (elezione del capo dello Stato, dei membri del Csm e di tutti gli organi di garanzia), l’eventualità che il 40,5 per cento degli elettori (ossia circa il 20/25 dei cittadini) si prenda tutto il cucuzzaro è una sicurezza. Incurante della lezione degli statisti di scuola liberale secondo cui le riforme elettorali le scrivono le minoranze, il premier ha invece guardato l’obiettivo immediato suo e dell’allora sodale Berlusconi (di quando la legge fu concepita), e ha scelto di andare a diritto per una soluzione che lo garantisce per i prossimi dieci anni optando per un sistema che lui sovrappone tra il bisogno dell’Italia e sul suo modello di leadership.

Nel modo in cui il presidente del Consiglio ha deciso di dare la spallata finale al dibattito, non c’è invece niente di sconvolgentemente negativo. Ha infatti ragione Renzi quando dice che le discussioni a un certo punto devono finire e bisogna tirare le somme. Se c’è una cosa di cui la gente il bisogno da parte della politica, è la concretezza. I cittadini biasimano la politica più per l’inconcludenza che per la corruzione o le auto blu. L’ex sindaco di Firenze l’ha capito, da sempre, e non si fa scrupoli a forzare la palude da prima repubblica, sapendo che in fondo del merito dei provvedimenti la gente non capisce molto, quanto apprezza chi decide e cambia le cose. Purtroppo anche quando, come stavolta, si cambia verso per il verso sbagliato.

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