Altopascio, 4 gennaio 2014 - INUTILE lamentarsi, meglio impegnarsi di più. Con passione, coraggio, per smettere di piangersi addosso. E se l’Italia soffre, per salvare il Made in Italy bisogna guardare all’estero, ai nuovi e ricchi mercati, Cina e Great China in testa, e poi a Parigi che resta una città strategica per il business della moda. Parlando con Francesca Lusini, presidente del Gruppo Peuterey che nello stabilimento modello di Altopascio (Lucca) produce e distribuisce i marchi Peuterey, Aiguille Noire, Geospirit e Post Card, si capisce il perché di un successo globale partito nel 1990 con la fondazione di Geospirit e poi nel 2002 con la creazione dell’etichetta Peuterey che ha in Aiguille Noire la sua punta di diamante.

«All’inizio eravamo in solo venti persone, ora siamo 220 in sede e con tutto lo staff retail nel mondo superiamo i 300 dipendenti», racconta con orgoglio Franceca Lusini che prima col padre dal 2000 e ora insieme al fratello Giovanni, advertising director, si è impegnata in azienda ricoprendo diversi ruoli, fino alla presidenza. La affianca da sempre nel gruppo come direttore creativo Riccardo Coppola, che coordina tutto il team stilistico interno e le collaborazioni con creativi di talento come i Co-Te o Andrea Incontri.

Presidente Lusini, quanto è ancora importante per Peuterey Group il mercato italiano?
«Importante, sì. Importantissimo. Aziende e negozianti sono sulla stessa barca, l’obiettivo comune è la soddisfazione del consumatore. Per questo stiamo ridimensionando la nostra distribuzione multimarca italiana, concentrandoci sulle realtà più forti con le quali creeremo delle partnership di valore. Per noi l’Italia è fondamentale, facciamo tutto qui, qui c’è la nostra sede. Insomma, noi non scappiamo all’estero».

Il successo nelle esportazioni però vi sta facendo aprire nuove boutique nel mondo. Dopo Shangai ora state puntando molto su Parigi, dove un mese fa avete fatto festa per l’apertura in rue St. Honorè. Quali le prossime tappe?

«Parigi per noi è un faro, una boutique che servirà per attrarre i turisti in arrivo in Europa dalla Cina, dalla Corea e dal Giappone. La prossima tappa sarà Londra dove prevediamo di sbarcare entro il 2015, anche perché quella sta sempre più diventando la città della moda e delle tendenze».

Quali sono i vostri maggiori mercati?

«Il nostro primo mercato resta l’Italia, il secondo è la Germania: il negozio a Berlino c’è già vorremmo aprire anche a Monaco, Dusseldorf e Amburgo. Stiamo lavorando molto bene sulla donna anche in Russia e segnali positivi di risveglio ci arrivano anche dall’America, coi risultati incoraggianti che Post Card e Peuterey stanno registrando nei grandi magazzini Sak’s, Neiman Marcus e Bergdorf Goodman. Ad oggi i nostri monomarca nel mondo sono dieci, di cui 5 in Asia dove contiamo di arrivare in cinque anni al 20% del turnover totale dell’azienda».

Quali sono i numeri del Gruppo Peuterey?

«Produciamo in tutto circa 1 milione di capi l’anno, gestiamo direttamente gli acquisti di materiali che sono prevalentemente italiani. Poi lavoriamo secondo le specificità. Il nostro bilancio si chiude a marzo ma il fatturato è intorno ai 90 milioni di euro».

Si parla molto di voi per un possibile debutto in Borsa a Milano...

«Adesso non è il momento per quotarci ma qualcosa per il futuro non viene visto sfavorevolmente. Siamo nel progetto Elite ed è un percorso molto interessante per la preparazione culturale alla quotazione dell’azienda. Insomma vogliamo trovarci pronti con largo anticipo».

Quest’anno a Pitti Uomo avete deciso con Peuterey di uscire dalla Fortezza. Perché?

«Anche questa è una decisione strategica, noi siamo flessibili, mai dogmatici. Restiamo in Fortezza con Geospirit e Post Card ma abbiamo deciso di investire su Peuterey per differenziare sempre di più il marchio. E’ una nuova formula che si concentrerà con un evento l’8 di gennaio prossimo alle Pagliere del Giardino di Boboli».