Santa Croce, partito il restauro del mausoleo di Michelangelo / VIDEO

Spunta il volto del Genio nella pala d'altare dipinta dal Vasari

La restauratrice Emanuela Peiretti (NewPressphoto)

La restauratrice Emanuela Peiretti (NewPressphoto)

Firenze, 22 gennaio 2018 - UN MAZZETTO di giaggioli freschi, una rosa, una pietra blu, il biglietto da visita di un tatuatore. «Non c’è sopralluogo senza ritrovamenti», sorride Paola Rosa, restauratrice fiorentina da 35 anni al servizio della grande Arte, indicando il mucchietto di particolari oggetti “votivi” lasciati ai piedi del monumento funebre sul quale sta lavorando. Non il mausoleo di uno qualunque, ma la tomba di Michelangelo in Santa Croce, a Firenze: sovrastata dal busto dell’immenso artista (opera di Battista Lorenzi) la tomba è decorata dalle statue dell’Architettura (opera di Giovanni dell’Opera), della Scultura (di Valerio Cioli), della Pittura (di Battista Lorenzi) e da affreschi di Giovan Battista Naldini. «Una vera meta di pellegrinaggio» riprende la restauratrice raccogliendo una cartolina firmata da un’ammiratrice, Liz, che si rivolge direttamente al Maestro salutandolo con un tenero “Thank you for your art, Love”. «Vede? – fa notare l’esperta – Sulla cartolina c’è ritratta la Pietà Bandini, scultura che il Buonarroti realizzò intorno al 1550: voleva fosse messa qui, sul monumento sotto al quale riposa (le sue spoglie mortali non sono nel sepolcro, ma sotto terra), invece è nel Museo dell’Opera del Duomo. Pochi lo sanno, strano che Liz sia a conoscenza di un particolare riservato agli addetti ai lavori. Ma quando si parla di Michelangelo, i misteri non finiscono mai» si stringe nelle spalle Paola Rosa, rimettendosi all’opera con la collega di una vita Emanuela Peiretti, sotto gli occhi dei visitatori. Ne entrano oltre 800mila ogni anno in Santa Croce, molti dei quali attratti proprio dal monumento a Michelangelo e dalla pala per l’altare della famiglia Buonarroti che si trova all’inizio della navata destra, e dove ora ferve il cantiere. «È partito un intervento di restauro finanziato grazie alla campagna In The Name of Michelangelo, un progetto di raccolta fondi al quale hanno aderito 98 donatori privati, provenienti da 11 paesi diversi, ma principalmente dagli Stati Uniti - interviene Caterina Barboni dell’Opera di Santa Croce - . Obiettivo, raccogliere 100mila euro da investire in pulitura e indagini diagnostiche sulla tomba e nel restauro della pala del Vasari, danneggiata dall’alluvione del 1966, visibilmente in uno stato a dir poco critico». Ai piedi del mausoleo, appena liberata dal cellophane nel quale è rimasta avvolta un mese per ultimare il trattamento antitarlo, c’è la grande tavola del Vasari: titolo esatto “Cristo che per la via del Calvario incontra la Veronica”, opera trascurata dal pubblico, ma elemento chiave per una corretta interpretazione del più ampio progetto di rinnovamento dell’interno della Basilica commissionato da Cosimo I all’autore delle “Vite” tra il 1566 e il 1588.

«SECONDO una recente lettura, l’olio su tavola, datato 1572, nasconderebbe sotto i segni del tempo un ritratto di Michelangelo, che può essere interpretato come un tributo del Vasari al grande Maestro», confida Caterina Barboni facendo riferimento allo studio avviato da Sally Cornelison, docente della Syracuse University. La patina scura che rende quasi illeggibile il dipinto - della quale si sta occupando la restauratrice Tessa Castellano - non nasconde infatti del tutto il volto scavato e barbuto che rivolge lo sguardo alla tomba posta accanto all’altare, creando un legame visivo che accomuna i due capolavori nella commemorazione della famiglia Buonarroti. «Il ritratto di Michelangelo nel dipinto di Vasari è inconfondibile - assicura la storica dell’arte americana - . I riccioli caratteristici, la barbetta e il naso rotto richiamano molto altri ritratti, incluso quello scolpito da Battista Lorenzi per il busto del monumento funebre adiacente». Michelangelo non è l’unico dei contemporanei che Vasari ha incluso nella sua opera, perché l’uomo più vecchio e con la barba di fronte a Michelangelo è il pittore noto come Rosso Fiorentino (1495-1540): «Anziché dipingere i capelli rossi, ai quali doveva il soprannome - spiega Sally Cornelison-, Vasari lo ritrasse con un copricapo rosso, il cui colore vistoso è un indizio palese per identificarlo». Gli studi sono in corso. I misteri della tomba di Michelangelo, da romanzo.