Duemila euro, appena duemila euro: si può organizzare un ciclo culturale di successo con lo stipendio di un impiegato di medio livello, forse di un dirigente, sicuramente meno di un professore universitario e forse anche di un amministratore locale. Lasciamo da parte parlamentari e consiglieri regionali che con un mensile da 2 mila euro non ci pagano neppure i portaborse.

Scusate, ma a noi pare che sia innanzitutto uno schiaffo a tutti quei pubblici amministratori che per una cifra simile non riuscirebbero a organizzare non diciamo una piccola stagione di sette incontri con personaggi di spicco del panorama culturale ma neppure il buffet di uno dei tanti workshop, come ora si chiamano i convegni, che non interessano a nessuno, neppure a quelli che li mettono in piedi. E sono anche un buffetto quei 2 mila euro coi quali è stato messo in piedi il "Giardino delle Idee" in versione estiva, ai manager che chiedevano cifre di duecento volte superiori per organizzare un festival musicale. Anche se è ovvio che una serie di appuntamenti con l'autore ha costi assai minori di una kermesse rock.

E' una splendida risposta, quella di Roberto Fiorini e del suo staff di volontari, alla sfida che aveva lanciato un anno fa il sindaco Fanfani quando aveva detto che per la cultura non c'era più un centesimo e chi voleva organizzare qualcosa aguzzasse l'ingegno. In tanti, noi compresi lo ammettiamo, avevano pensato che fosse una sorta di De Profundis. E invece c'è ancora chi sa inventarsi eventi con la stessa fantasia con la quale le massaie di una volta riciclavano gli avanzi di cucina. Senza buttare, e senza sprecare, nulla.

Sapeva di casa questa edizione agostana del "Giardino", come ben sa chi ha partecipato ad almeno una delle serate. Le cene per gli autori, messe in piedi grazie ai piatti preparati da parenti e amici, la crostata della nonna o della zia alla fine dell'incontro, uno staff di volontari, compresi gli intervistatori, che hanno lavorato rigorosamente gratis, un gruppo di autori, di ottimo livello tutti, di altissima levatura alcuni, che sono venuti senza pretendere un euro.

E' il successo, dice Roberto Fiorini, del passaparola. Ha ragione lui in due sensi. Passaparola fra i frequentatori che da mesi si passano il messaggio l'uno l'altro e che di incontro in incontro lievitano di numero. Passaparola fra gli autori e le case editrici, che ormai fanno a gara nel mettere a disposizione le loro firme per questa manifestazione che è tra le poche in Italia a mettere insieme un pubblico del genere. Lo scrittore, la scrittrice, vengono ad Arezzo, riferiscono all'ufficio stampa del loro editore dell'accoglienza ricevuta, consigliano gli autori loro amici: vai da Fiorini che ti troverai bene come mi ci sono trovato io. Un ciclo virtuoso che finisce per autoalimentarsi e per garantire alla città una stagione culturale di livello, consentendo agli aretini di scrollarsi di dosso un'immeritata immagine di "popolo" tutto materiale, dedito solo a donne e motori, affari ed evasione. Mille persone per Margherita Hack sono un numero difficile da ottenere persino in una grande città, figuriamoci in provincia.

Servisse almeno come esempio a tutti coloro, pubblici e privati, che ambiscono a organizzare eventi il cui successo si riduce spesso ai soliti, pochi, noti, a volte venti-trenta fedelissimi. Non sempre c'è bisogno di soldi a go-go per avere successo, a volte basta soltanto un po' di fantasia e tanto spirito di iniziativa. I politici hanno solo da imparare in situazioni del genere, sia detto senza cadere nel qualunquismo di maniera.

E a proposito di populismo strisciante, il "Giardino" è stato anche il pretesto, nella serata con Margherita Hack, per capire quanto ormai soffi forte il vento dell'antipolitica, persino in un pubblico potenzialmente colto come quello di un incontro culturale. Il povero sindaco Fanfani, che inutilmente gli organizzatori hanno provato a far entrare scavalcado la fila, è stato fatto bersaglio di contumelie e parole forti come fosse sul posto il simbolo della "Casta". Lui che perlomeno, con tutti i suoi difetti, è una persona civile e alla serata era giunto a piedi, senza auto blu, a braccetto con la moglie, come un signore qualsiasi. Raccontano che all'inizio si sia anche risentito perchè voleva andare a ricevere l'astronoma a nome della città, ma che poi abbia fatto buon viso e bel gesto, sedendosi con tutti gli altri esclusi sulla gradinata del Duomo, a sentire una voce distante rilanciata dalle casse.

Una volta, mica tanti anni fa, la folla si sarebbe aperta per far passare il rappresentante del popolo, fosse un ministro,  un parlamentare, un sindaco, un consigliere comunale. Ora dagli al politico, peggio che a un delinquente. E' stato un errore, diciamolo francamente: sarebbe stato opportuno che Fanfani venisse lasciato entrare e che gli venisse consentito di porgere a Margherita Hack il benvenuto della città, come solo un sindaco può fare. Ma è questo il populismo, è questa l'antipolitica, sono questi i tempi. E' bene che la politica non si domandi per chi suona la campana. Perchè suona per tutti.