Siena, 7 giugno 2014«UN QUART d’heure avant sa mort il était encore en vie (un quarto d’ora prima della sua morte egli era ancora in vita)». Un’ovvietà, come «ovvio è l’oggetto di questo processo». Inizia citando la canzone sul maresciallo Jacques de La Palice, da cui discende la definizione di lapalissiano, la propria requisitoria Antonino Nastasi, il leader del pool di pm della Procura di Siena che ha coordinato le inchieste sulla passata gestione di banca Monte dei Paschi. Seduto non distante da lui c’è anche il procuratore capo Tito Salerno. E’ la prima volta che è presente in aula a fianco dei suoi sostituti. Una scelta non casuale, così come non casuale è la suddivisione dei tempi e degli argomenti che i tre pubblici ministeri fanno della loro requisitoria, durata oltre otto ore.

Con la sua presenza Salerno dimostra la vicinanza anche fisica al lavoro compiuto nel corso degli ultimi anni da Nastasi e dagli altri due pm: Aldo Natalini — la mente giuridica del pool — e Giuseppe Grosso che non alza mai la voce ma quando indossa la toga affonda il fioretto del diritto, assestando i punti vincenti. Nastasi e Grosso si conoscono dai tempi del liceo a Messina. Da compagni di banco, s’intendono con un’occhiata. E così è successo anche ieri per la loro requisitoria. A Nastasi il compito di disegnare il quadro accusatorio e segnalare, rileggendo le dichiarazioni rilasciate dagli imputati e dai testimoni nel corso delle udienze, le incongruenze della linea difensiva. I buchi e le contraddizioni emerse durante il lungo dibattimento iniziato lo scorso 26 settembre. Mentre a Grosso è toccato riannodare tutti i fili evidenziando il «castello di bugie e mistificazioni raccontateci in quest’aula». Ma solo dopo che Natalini, poco prima, aveva inquadrato la qualificazione giuridica e giurisprudenziale delle accuse contestate a Mussari, Vigni e Baldassarri. Una requisitoria articolata e infarcita di citazioni, ma anche multimediale con le slide (Renzi docet) che Natalini fa scorrere nei tre maxi schermi fatti posizionare al centro dell’aula. Ci sono i filosofi dell’antica Grecia, con Socrate e Platone («apparenze, non cose reali»), ma anche quelli dell’epoca moderna con Hegel. Ma ad incastonare le parole dei magistrati ci sono anche le citazioni mitologiche, cinematografiche e teatrali. A cominciare da quella della commedia (non commedia, come si legge nel sottotitolo) della ‘Cantatrice calva’ di Eugene Ionesco, dove il signor Smith ascolta la descrizione del pranzo dalla moglie mentre legge il giornale e, come lui, Mussari durante la conference call con Sadeq Sayeed, ex executive manager per Europa e Medioriente di Nomura, «si limitava a schioccare la lingua» ha detto Nastasi, «mentre era ben consapevole che stava chiudendo un’operazione che per Mps era un disastro». «La ringrazio proprio molto che lei abbia trovato tempo di parlare con noi — cita le frasi pronunciate da Mussari nella conference call —. Spero che avremo presto occasione di incontrarci magari a Siena per conoscerci un po’ meglio». «La controparte gli parla di operazioni a prezzi fuori mercato — incalza Nastasi — e Mussari non alza neanche il sopracciglio. Le parti sapevano perfettamente quello che stavano facendo. Non c’è una spiegazione possibile. Mussari avalla completamente l’operazione. Non c’è alcuna spiegazione possibile, a meno di non essere davvero sul palcoscenico di una commedia di Ionesco anziché all’interno del terzo gruppo bancario italiano».
Anche per questo, conclude la requisitoria Nastasi rivolgendosi al collegio del Tribunale, «questi sono fatti scolpiti nel granito e voi quando vi ritirerete in camera di consiglio da qualunque punto di vista li guarderete non vi troverete neppure una scalfitura».