Firenze, 26  maggio 2014 - GENTILE DIRETTORE, più si è in crisi (economica, politica, di credibilità e di identità) più il nostro cinema conquista riconoscimenti. Prima il trionfo di Sorrentino agli Oscar con «La grande bellezza», ora Alice Rohrwacher che col suo film «Le meraviglie» ha conquistato il Gran Premio della Giuria al tutt’altro che generoso festival di Cannes. Forse c’è un’Italia ‘buona’ che esiste e resiste, e sa dare del nostro Paese un’immagine diversa. Che ci rende orgogliosi e forse fa anche business...
Nando Meattelli, via mail

 

RISPONDE IL VICEDIRETTORE MAURO AVELLINI

Di solito  ciò che si conosce di noi italiani è sempre la parte peggiore: la politica, le ruberie, la volgarità, le bugie. E le raccomandazioni. Queste almeno a Cannes, non potevano tornare utili. Così i francesi che di solito si incazzano, ma che il nostro cinema almeno lo amano, hanno premiato una regista mezza tedesca, mezza fiorentina e mezza umbra. Non so se il film di Alice Rohrwacher resterà nella storia, ma il ritmo lento della vita semplice, la riscossa dei sentimenti, l’atmosfera del ricordo, il ritorno all’infanzia, la riscoperta di una memoria familiare e collettiva, consente all’Italia di dare al mondo un’altra immagine di sé. Forse più vera, a cominciare dal panorama. O più sincera, com’era capitato per l’Oscar alle metafore di Sorrentino. Da Berlino a Venezia, da Roma a Los Angeles il cinema italiano è tornato a mietere successi quasi come ai tempi di De Sica e Rossellini. Riconoscimenti che non sempre trovano riscontri al botteghino ma che hanno il merito di non inseguire certa vuota spettacolarità o l’omologazione delle tre dimensioni. Il migliore spot per l’Italia è la sua rappresentazione lineare. E la cultura è il nostro miglior investimento, anche a incassi zero.