Firenze, 16 maggio 2014 - «NON VI sono elementi per dubitare della capacità di Riccardo Viti, il quale fin da subito è apparso lucido, coerente nel suo racconto, dettagliato anche nei particolari, a meno di voler ritenere che la perversione sessuale di cui è affetto possa effettivamente assurgere a patologia psichiatrica rilevante ai fini della valutazione della capacità di intendere e volere, la quale presuppone comunque che gli impulsi della azione, pur riconosciuta come riprovevole dall’agente, siano tali da vanificare la capacità di apprezzarne le conseguenze».

Insomma, secondo il gip Anna Liguori, che ha confermato il carcere per il maniaco di Ugnano, «il Viti ha palesato una piena capacità di apprezzare le conseguenze delle proprie azioni». Resta dunque a Sollicciano perché «in questi anni pur rendendosi conto di esporsi al rischio di essere denunciato e ricattato dalle prostitute, non ha mai desistito, continuando a portare con sé ogni volta bastoni ed unguenti (...), così soddisfacendo le proprie tendenze e senza preoccuparsi delle conseguenze, scegliendo il luogo idoneo in cui fare quello che voleva, senza essere visto». Questo, assieme alla «assoluta noncuranza delle conseguenze lesive e ciò unicamente per soddisfare un istinto sessuale perverso, la pericolosità rivelata attraverso le stesse dichiarazioni rese consente di ritenere che l’indagato, se rimesso in libertà, potrà commettere reati analoghi a quelli per cui si procede». L’accusa è di omicidio volontario della rumena Andreea Cristina Zamfir («avendo sentito urlare ‘basta’, invece di intervenire in soccorso è fuggito, così rappresentandosi ed accettando il rischio che l’evento lesivo si verificasse, tant’è che si dava alla fuga», argomenta il gip), anche se i difensori di Viti (Alessandro Benelli e Francesco Stefani) ripetono che «non voleva uccidere». Intanto il pm Paolo Canessa vuol chiedere il giudizio immediato. Per il delitto ma anche per altre violenze accadute tra Ugnano e Calenzano, riunite in un unico fascicolo.
Stefano Brogioni