GENTILE DIRETTORE, come sempre deve accadere qualcosa di clamoroso (un’inchiesta come quella che adesso coinvolge l’Agusta) per scoprire che siamo ancora circondati dall’amianto. Che molti forse sapevano ma hanno taciuto, provocando drammi in chi è venuto a contatto con questo veleno: il caso Eternit di Casale Monferrato è enorme, ma mi sembra (basta dare un’occhiata in giro in strutture pubbliche e private) che siamo lontani dalla sicurezza. Devono scapparci altri morti?
Laura Buratti, via mail

CARO BURATTI, Lei si meraviglia? Non penso solo al più recente caso dell’Agusta o a quello più datato e ben più drammatico dell’Eternit. Penso a tutti gli angoli del nostro Paese e del nostro pianeta in cui l’amianto continua a nascondersi anche solo per dimenticanza di chi dovrebbe segnalare, o per ignoranza di chi ci vive a contatto. Per decenni, infatti, questo materiale è stato il condimento di ogni costruzione. Dalle case ai vagoni ferroviari, dalle fabbriche agli aerei o elicotteri della inchiesta a cui Lei si riferisce. Detto questo, io credo che per fortuna in Italia tanto sia stato fatto, magari tardivamente, e che tanto sia ancora da fare. Certo. Ma con una vigilanza che mi pare sempre attiva. E questo è estremamente positivo. Penso però a quei disgraziati che nel terzo mondo o nelle favelas dei Paesi emergenti o appena emersi vivono in capanne o baracche da cui penzolano sfacciatamente pannelli di amianto. Senza che ci sia un giudice che intervenga. Penso quanti morti ci sono e ci saranno ancora. E credo quindi che abbia ragione Lei: non abbassiamo la guardia.