di OLGA MUGNAINI

Firenze, 12 febbraio 2014 - Si chiama «Florence», proprio in onore alla città dove è stato progettato e per il quale si prevede un programma di investimenti pari a 50 milioni di euro. Ma soprattutto è l’acronimo di un farmaco — Febuxostat for tumor Lysis syndrOme pREvention iN hematologiC malignanciEs — studiato per portare sollievo a tanti pazienti che patiscono gli effetti tossici della chemioterapia. I risultati preliminari di questa nuova terapia uscita dai laboratori del gruppo Menarini sono stati presentati ieri a Palazzo Vecchio dalla presidente della casa farmaceutica Lucia Aleotti e dal vicesindaco Stefania Saccardi, insieme al direttore della ricerca e sviluppo Carlo Alberto Maggi, del direttore della ricerca clinica Angela Capriati e dalla responsabile dell’area medico terapeutica oncologica Cecilia Simonelli.

«Si tratta della più ampia sperimentazione clinica internazionale mai condotta in questo ambito per valutare efficacia e sicurezza di Febuxostat — hanno spiegato i responsabili della ricerca —, farmaco già usato contro la gotta, nei pazienti a rischio di uno dei più pesanti effetti collaterali della chemioterapia di leucemie e linfomi».

«Questo studio rappresenta una ulteriore testimonianza del legame stretto tra il Gruppo Menarini e Firenze – ha sottolineato la vicesindaco Saccardi —. Menarini è una grande realtà produttiva a livello internazionale e un’impresa che investe sul territorio non solo in termini industriali ma anche sociali. Sostiene infatti alcuni progetti a favore della disabilità, per i quali ha ricevuto il Fiorino Solidale, e sta finanziando il recupero di dieci alloggi di edilizia residenziale pubblica. Di questi tre sono già stati assegnati ad altrettante famiglie in attesa di una casa. Un’azienda che ha quindi un rapporto forte con il territorio e con la città e che nel contempo investe su progetti di ricerca che, come il “Florence”, danno risultati positivi. Non possiamo che essere soddisfatti dell’esito di questo studio che, due anni fa, fu presentato proprio a Palazzo Vecchio. E della presenza di una realtà come Menarini sul nostro territorio».

Come ricordato dalla presidente Lucia Aleotti, “Florence” è nato infatti da una ricerca italiana iniziata nel 2012 che ha coinvolto circa 350 pazienti adulti nei reparti onco-ematologici di 79 centri in dodici paesi (Italia, Germania, Spagna, Spagna, Russia, Croazia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Serbia, Ucraina, Ungheria e Brasile) di cui l’Italia ha avuto il coordinamento internazionale della sperimentazione.

«I dati preliminari dello studio — ha detto Lucia Aleotti — dimostrano la possibilità di intervenire con un farmaco efficace ma anche molto economico rispetto alle cure attuali e quindi sostenibile anche dal servizio sanitario nazionale. L’azienda presenterà a breve il dossier di registrazione all’Agenzia Europea del Farmaco per l’autorizzazione in commercio. Ora l’obiettivo della ricerca è quello di verificare la possibilità di utilizzare la molecola anche nei bambini, che al momento non possono usufruire di questa terapia di supporto. E potenzialmente il farmaco potrebbe essere utilizzato anche per altri trattamenti di supporto, come tumori i tumori solidi».

Per i suoi effetti il Febuxostat è stato definito un “farmaco-spazzino”. E la sua utilità nasce dal fatto che ogni anno oltre 25.000 italiani, soprattutto giovanissimi, si ammalano di leucemie e linfomi, con il rischio di andare incontro a pesanti effetti collaterali fra cui l’insufficienza renale, a seguito della chemioterapia. Si tratta della sindrome da lisi tumorale, che nel 5% dei pazienti è addirittura fatale. La distruzione rapida di cellule maligne che liberano nel sangue sostanze tossiche, prima fra tutte l’acido urico, può essere scongiurata grazie ad un farmaco che riduce proprio l’acido urico con una efficacia di circa il 30% maggiore rispetto alla terapia standard in uso da più di trent’anni.

Le cure contro i tumori ematologici come leucemie e linfomi permettono oggi di guarire nel 70% dei casi. Ma la liberazione di sostanze tossiche per i reni, in particolare acido urico, riguarda circa il 3-20% dei malati con tumori ematologici, e l’incidenza sale fino al 30% negli under 18.