Pisa, 9 febbraio 2014 - C’È UNA DONNA che ha visto e non parla. Finora non è uscita allo scoperto: forse ha paura, forse non vuole entrare in una storia più grande di lei. Fatto sta che non sarà facile convincerla a raccontare quello a cui ha assistito in quella freddissima notte di gennaio, se è vero che ha già fatto passare più due anni standosene prudentemente nell’ombra. In via Ulisse Dini e nelle strade circostanti, in tanti sanno dell’esistenza di questa testimone - finora senza volto e senza nome - che, se solo volesse, potrebbe raccontare qualcosa d’interessante sulla scomparsa di {{WIKILINK}}Roberta Ragusa{{/WIKILINK}}, in particolare su quanto successo fra il 13 e il 14 gennaio del 2012, quando questo fitto mistero ha iniziato a prendere forma e della mamma di Gello si sono perse tutte le tracce. Il fatto che esistaè una specie di voce che passa di bocca in bocca e che più circola più prende consistenza. Tanto che anche la trasmissione «Quarto grado» venerdì sera è tornata a lanciare un accorato appello: «Questa testimone, che esiste, esca allo scoperto. E finalmente racconti agli inquirenti quello che sa». Parole che difficilmente scalfiranno il muro di silenzio tirato su fino a oggi, a meno che non siano gli investigatori ad andare a bussare alla sua porta. Dunque, sembra esserci qualcun’altro che ha visto. Ancora due occhi che possono raccontare particolari interessanti. Così, la storia di Roberta diventa sempre più un crescendo inaspettato, partito due anni fa, quando nessuno sembrava sapere niente d’interessante e pareva non ci fosse stata anima viva, di fronte alla casa della famiglia Logli-Ragusa, nella notte in cui Roberta si dissolse nel nulla. E invece, piano piano, ecco voci e volti uscire allo scoperto.

IL MARITO di Roberta, Antonio Logli - indagato per omicidio volontario e occultamento di cadavere - dice che il 13 gennaio del 2012 andò a dormire intorno a mezzanotte. La moglie - è ancora il suo racconto - era rimasta in cucina. Stava compilando una lista della spesa prima che qualcosa la interrompesse e lei lasciasse quello scritto a metà. Un uomo di nome Silvio, apparso anche in televisione, giura però di averla vista intorno all’una meno dieci mentre attraversava la strada. Lui passava da via Dini in biciletta e l’ha vista - giura - in pigiama e ciabatte per raggiungere un auto ferma sull’altro lato della carreggiata. Ancora il pigiama: l’unico capo che secondo Antonio Logli mancherebbe dal guardaroba della moglie. Ma gli inquirenti danno comunque poco credito a questa testimonianza. Poi c’è il vigile del fuoco Filippo Campisi, secondo cui sempre quella notte una donna uscì dal cancello di casa Logli per salire a bordo di una macchina di grossa cilindara, forse una Nissan Patrol. Campisi aggiunge anche di avere sentito un urlo mentre, circolando su via Dini, si stava avvicinando alla casa del mistero.

Ma mica è finita qui. Perché c’è anche Maria, l’ex colf di Roberta, a raccontare la sua versione dei fatti: sarebbe passata poco dopo mezzanotte e mezza da via Dini e avrebbe notato la macchina di Logli parcheggiata proprio sulla strada, dove non veniva mai lasciata. Perché quella sera l’auto era proprio lì? Dov’era stato o dove aveva intenzione di andare il marito di Roberta? Infine, la super-testimonianza relativa alla presenza di Logli in via Gigli, una strada che corre poco lontana, proprio nella notte in cui Roberta scomparve. «C’era Logli, una macchina ferma sul ciglio della strafa e una donna venne costretta a montare a bordo», è il succo della versione di Gozzi. Che poi aggiunge di avere visto, il giorno successivo, alcunie macchie di sangue proprio in via Gigli. Mentre quasi tutti dormivano, c’era un bel via vai a Gello quella notte. Persone che hanno visto o a cui sembra di avere visto. E persone che, anche se hanno visto, preferiscono non parlare.
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