Firenze, 2 febbraio 2014 -  NON C’È PIÙ nemmeno bisogno di lasciare un biglietto. Chi si uccide non sente neppure la necessità di spiegare perché se ne va così, con tanta rabbia dentro e tante speranze regolarmente deluse. Il motivo è disperatamente chiaro che a lasciarlo scritto sembrerebbe quasi di dare una soddisfazione in più a chi questa crisi l’ha provocata, voluta e magari cavalcata.
E dunque di notte, tra le 22 e le 23 un altro commerciante, questa volta giovanissimo, si è tolto la vita perché la sua azienda non andava più. Debiti, crisi, banche, mutui, prestiti che non arrivano, la difficoltà di accesso al credito, insomma la solita perversa spirale. Aveva solo 36 anni R.L. e abitava con la compagna nella zona di via Baracca, a Firenze.

 


In base alla ricostruzione dei carabinieri del Nucleo Radiomobile, sembra che il poveretto sia stato trovato appeso a una corda nello stanzino della sua abitazione proprio dalla compagna, che non lo sentiva da alcuni minuti. Come se avesse avuto un presentimento la donna è andata a cercarlo e l’ha trovato così.
Ha cominciato a urlare disperata mentre provava a tenerlo su, in alto, per non far tendere la corda senza sapere che quella fune l’aveva già impiccato.

 


Urlava disperata, piangeva, e le sue grida sono state sentite da alcuni vicini che sono accorsi: tutti lo hanno tenuto sollevato, hanno reciso la corda e l’hanno adagiato a terra. Qualcuno chiamava il 118.
Tutto inutile. Il medico del 118 ha chiamato i carabinieri per il triste rituale che in questi ultimi giorni si è ripetuto fin troppe volte. Il magistrato non ha avuto esitazioni e ha restituito la salma al dolore dei familiari. I carabinieri hanno appurato che il suicida era titolare di un negozio nel capoluogo toscano, negozio che negli ultimi tempi versava in difficoltà economiche.

 


ERA originario di Bagno a Ripoli, alle porte sud della città, lo stesso luogo da cui proveniva un altro imprenditore disperato che si era ucciso in casa il 29 gennaio, a 62 anni. Si era infilato la canna della pistola in bocca e aveva premuto il grilletto. Terribile. Gli affari non adavano bene: un negozio già chiuso (in provincia), un altro che non decollava, a due passi dal Duomo di Firenze.

 


Pochi giorni prima, a Fiesole, un terzo suicidio, sempre per crisi. Un imprenditore di 56 anni aveva imbracciato un fucile e chiamato il 113. L’operatore lo aveva ascoltato con gentilezza cercando invano di dissuaderlo. Quando i soccorsi sono arrivati a casa sua l’uomo si era già sparato lasciando un biglietto di ringraziamento per l’operatore del 113 e una lista di accuse rivolte a chi, tra banche e finanziarie, avrebbe potuto aiutarlo. E non l’aveva fatto.
am ag