San miniato (Pisa), 21 gennaio 2014 - ANCORA oggi paghiamo per Italia ‘90. Basti pensare alle clamorose opere incompiute, perché ce ne sono di importanti, grandiose e clamorose. Esempi di spreco che diventano ancora più gravi oggi, che la crisi morde pesantemente. Tra tante opere di quel periodo ce ne sono anche di più piccole, ma non per questo meno importanti, nascoste nella provincia italiana e nei ricordi di chi, magari, ha negli occhi il Bel Paese che diventò un brulicante cantiere. Opere, appunto, rimaste cantiere e lasciante in pasto al degrado, ai vandali, ai ladri di quel poco che c’era da rubare. Uno di questi esempi è a San Miniato, in provincia di Pisa, in quello spicchio di verde che circonda il bacino remiero di Roffia, specchio d’acqua di importanti gare regionali e nazionali di canoa e canottaggio dov’è «conservato» ciò che resta della palazzina realizzata sotto l’egida del Coni all’inizio degli anni ‘90: un grande edificio su due piani, che avrebbe dovuto affacciarsi direttamente sull’acqua, divenendo il punto d’arrivo per le competizioni, con tanto di sala stampa, spogliatoi e servizi.

UN’OPERA costata quasi un miliardo delle vecchie lire in buona parte provenienti da fondi legati ai mondiali di Italia ’90. Un lavoro mai finito, con l’ascensore e la caldaia già pronti all’inaugurazione e che rimase bloccato dal fallimento della società barese che si era aggiudicata l’appalto. Siamo nei primi anni successivi a quei Mondiali persi dall’Italia in semifinale: all’inizio ci fu la speranza che quel cantiere stesse solo ritardando un po’, ma poi il calendario si avviò velocemente verso la grande metà del secondo millennio, per arrivare a oggi quando possiamo dire che per più di vent’anni, l’edificio è rimasto lì, come una sorta di palafitta all’asciutto, tra le braccia del completo abbandono e ormai spogliato interamente degli arredi.

UN CASO che ha infiammato le battaglie elettorali che si sono celebrate nel Comune di San Miniato. Ma a parte un po’ di polemiche, non ci sono stati altri risultati concreti. Anche tra i cittadini di San Miniato e dei Comuni limitrofi la questione è considerata ormai come una delle tante beffe che non hanno portato niente di concreto. E pensare che il bacino remiero si è ritagliato un ruolo importante, per le tantissime gare che vi vengono celebrate durante l’anno, per i giovani che vi praticano canoa o canottaggio, e per i quali sono stati costruite nel tempo, e con i sacrifici delle società sportive, altri spogliatoi e locali d’allenamento con strutture più piccole, meno ambiziose e in parte prefabbricate. Il rudere, invece, come nelle migliori tradizioni di questo Paese, è rimasto lì, testimone di un’Italia lontana e, purtroppo, non molto diversa da quella che stiamo vivendo.

ORA FORSE anche pericolante, pieno di scritte vergate con bombolette spray, e di sporcizia lasciata da chi, a volte, l’ha abitato anche la notte, la palazzina delle polemiche e dello spreco «vigila» i bordi del bacino dov’era stata pensata e realizzata per essere base logistica di coloro che si dedicano allo sport. Il Comune di San Miniato, poco più di un anno fa, con un documento ha formalizzato che «occorre eseguire in tempi brevi il restauro dell’edificio in modo che lo stesso possa essere fruito sia dalle associazioni sportive sia dalla ditta che sta eseguendo i lavori del primo della cassa di espansione Piaggioni». È stato redatto un progetto che prevede un onere complessivo di 497.777,56. Una cifra poco inferiore a quel miliardo che costò nell’Italia della lira.