Firenze, 20 gennaio 2014 - Penultima udienza, oggi al Palazzo di giustizia di Firenze, del processo di appello-bis per l'omcidio di Meredith Kercher (la studentessa inglese uccisa a Perugia la notte del 1° novembre 2007). Gli imputati sono Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Entrambi si dichiarano innocenti.

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L'udienza di oggi ha visto in avvio l'intervento di due ore e mezza dell'avvocato Luca Maori (uno dei legali di Sollecito) che chiuderà le arringhe della difesa. Quindi, sono cominciate le repliche di tutte le parti.

L'avvocato Maori ha ripercorso una serie di argomenti portati dall'accusa a carico di Sollecito, contestandoli punto per punto. "L'orma insanguinata non è di Sollecito, come dimostra la diversa morfologia del piede di Raffaele", dice Maori mostrando in aula l'impronta in questione e sovrapponendovi un'immagine del piede di Sollecito. Maori ha poi insistito sul fatto che l'omicidio (stando ai riscontri autoptici relativi all'apparato digestivo della vittima) sarebbe avvenuto alle 21 e ha respinto la tesi della simulazione del furto: "La finestra della Romanelli (che abitava nella casa di via Della Pergola dove avvenne l'omicidio, ndr) non fu rotta dall'interno per simulare un furto, ma dall'esterno come dimostrano i vetri rotti caduti all'interno della stanza". Secondo Maori, poi, "la stessa Romanelli nell'immediatezza del fatto disse di non aver chiuso le persiane". Insomma per la difesa Sollecito, l'unico assassino è Rudy Guede (già condannato a 16 anni in via definitiva e con rito abbbreviato) che sarebbe entrato nella casa per rubare, poi scoperto da Meredith l'avrebbe violentata e uccisa da solo.

Sull'arma del delitto Maori ha ribadito la tesi difensiva per cui il coltello da cucina trovato a casa Sollecito "non è l'arma del delitto, perché ci sono due ferite profonde 8 centimetri, mentre la lama è lunga 17,5 centimetri". Per Maori, le ferite sono incompatibili anche con il coltellino che portava con sè Raffaele.

Passando all'analisi del computer Maori ha mostrato l'immagine di alcuni file ricavati dal lavoro del consulente della difesa. "Emerge che alle 21.10 ha messo il film "Il meraviglioso mondo di Amelie" nella cartella dei film visti e poi alle 21.26 ha aperto il cartoon "Naruto". Questo dimostra che all'ora del delitto Raffaele era a casa e non sul luogo del delitto avvenuto alle 21". Quindi, per Maori "non è vero che l'alibi di Sollecito è falso".

Riguardo ai testimoni, l'avvocato Maori li definisce "personaggi in cerca d'autore, creati dai mass media e influenzati da essi", contestandone punto per tutto l'attendibilità e la veridicità delle sue affermazioni.

Ai giudici, Maori (citando anche cesare Beccaria) ha ricordato il compito di cercare la verità processuale solo sulla base dei fatti, con una richiesta finale: "Assolvete Raffaele Sollecito per non aver commesso il fatto".

Dopo Maori e una breve pausa sono cominciate le repliche delle parti alle quali il presidente della corte, Alessandro Nencini, ha concesso un tempo contingentato: mezz'ora per ogni parte, un'ora per il pubblico ministero Crini che deve affrontare le posizioni dei due imputati.

Crini ha fatto una serie di puntualizzazioni ribadendo la validità degli indizi (genetici, orari, testimoniali, tracce e impronte) che, secondo l'accusa indicherebbero la colpevolezza dei due imputati. "L'assenza di movente? Non può essere un elemento difensivo". Per Crini, comunque, la ricostruzione secondo cui le tensioni sulla pulizia tra le inquiline dell'appartamento di via Della Pergola e il comportamento di Guede (che andò nel bagno senza poi tirare lo sciacquone) è plausibile come possibile movente dell'aggressione poi sfociata nell'omicidio. Al termine il pg ha chiesto di nuovo la condanna dei due imputati, raccomandando alla corte (in caso di condanna) di assicurare la possibiltà di esecuzione in concreto la sentenza. In pratica (essendo Amanda negli Stati Uniti) si tratterebbe di una misura verso Sollecito, in attesa del verdetto definitivo in Cassazione, che può andare dal carcere, agli arresti domiciliari fino al più leggero divieto di espatrio. Insomma, in soldoni un invito a non fare scappare Sollecito, il solo imputato che potrebbe essere concretamente toccato dalle misure cautelari. Esiste una remota possibilità di ottenere, in caso di condanna, un'estradizione dagli Stati Uniti di Amanda, ma per misure cautelari la possibilità è davvero minima, ancor più di quella (già molto scarsa) nell'eventualità di una condanna definitiva.

Per altro, il padre di Raffaele Sollecito, Francesco, ha ribadito che "mio figlio non andrà all'estero finché non si sarà chiusa questa pagina della sua vita".

Dopo un'ulteriore pausa, il processo è ripreso con le altre repliche. A partire da quella dell'avvocato Carlo Pacelli (parte civile per Patrick Lumumba, ingiustamente accusato del delitto da Amanda) che ha  insistito sul dolo con cui Amanda ha calunniato Lumumba: "Amanda ha calunniato per non farsi scoprire, ha mentito sempre". Secondo Pacelli, "non c'era un rapporto idilliaco tra Amanda e la povera Meredith, non si sopportavano". Infine la richiesta alla corte di riconoscere a carico di Amanda Knox l'aggravante della calunnia (per la calunnia in sè è già stata condannata) allo scopo di sviare le indagini: "Giudici condannate la bugiarda Amanda, la diabolica calunniatrice".

I legali di parte civile della famiglia della vittima (gli avvocati Fabiani, Perna e Maresca) hanno ribadito la loro convinzione della colpevolezza dei due imputati secondo quanto emerge dalle carte del processo. In particolare, per l'avvocatessa Perna ha ribadito che "le ferite sul corpo della vittima sono compatibili con il coltello trovato a casa Sollecito". Maresca, invece, ha sottolineato la validità delle perizie genetiche che indicano la presenza sul coltello trovato a casa Sollecito delle tracce di Meredith Kercher, la vittima del delitto.

La parola è poi tornata alla difesa Sollecito per la replica (che ha riproposto la tesi sull'innocenza di Raffaele e su Rudy Guede come unico responsabile), mentre la difesa Knox parlerà il 30 mattina prima dell'inizio della camera di consiglio dalla quale la corte uscirà con la sentenza.

Sollecito in aula: foto

In primo grado Knox e Sollecito furono condannati rispettivamente a 26 e 25 anni, poi furono assolti in appello con una sentenza annullata dalla Cassazione che ha portato al processo di appello-bis che sta per concludersi a Firenze. 

La sentenza, dunque,  è prevista per il 30 gennaio. Sollecito ha annunciato che quel giorno potrebbe non essere in aula. Il padre conferma: "E' comprensibile, si tratta di un grande stress. Vi assicuro comunque che resteremo in Italia".