Firenze, 20 ottobre 2013 -  C’E’ UN FASCICOLO misterioso nella vicenda dei presunti abusi sessuali all’interno del Forteto. Un fascicolo che si era perso nel tempo e nello spazio. Un fascicolo che per decenni è stato deliberatamente ignorato, trasformato in una bagatella o, peggio, in un errore giudiziario di cui il Profeta, Rodolfo Fiesoli, sarebbe stato una vittima. Un fascicolo che le voci soffiate anche nelle aule di giustizia, anche nella magistratura, avevano oscurato con calunnie, denigrazione, delegittimazione. Tentativi di delegittimazione che sembrano sfiorare chiunque scavi sul Forteto, magistrati o giornalisti che siano.

Ma quello è il fascicolo del primo processo a carico di Rodolfo Fiesoli, quello per cui — con sentenza definitiva datata 1985 — il Profeta veniva dichiarato colpevole di svariati reati anche di natura sessuale e per questo condannato a due anni di reclusione. Quel fascicolo, come scritto da questo giornale nei giorni scorsi, era scomparso, non si trovava più. C’era la sentenza sì, ma non gli atti del processo, dell’istruttoria dibattimentale.

 

POI, magicamente, una mano anonima ha recapitato a uno degli attori del nuovo processo in corso al Profeta e ai suoi fedelissimi una grande busta gialla. Dentro c’era il fascicolo, o almeno una parte di esso. Dentro ci sono interrogatori, deposizioni. Dentro c’è innanzitutto una scoperta straordinaria che si era persa nella memoria: e cioè che nel 1978, quando si istruisce il processo di primo grado contro Fiesoli, non c’è solo Carlo Casini come magistrato inquirente ma anche e soprattutto Gabriele Chelazzi, lo straordinario sostituto procuratore antimafia morto nel 2003 nel corso delle sue indagini e caposcuola di un modo unico di portare la toga, di fare il magistrato, di essere equo e giusto.

 

Ecco: nel 1978 — trentatré anni prima del nuovo arresto di Fiesoli nel dicembre 2011 — Chelazzi aveva già scoperto il marcio del Forteto così come molti anni prima di tutti aveva iniziato a parlare di trattativa Stato-mafia. Sono Chelazzi e Casini, in un verbale della procura di Firenze datato 6 dicembre 1978 e agli atti di quell’antico processo, a interrogare una coppia di Prato che parla dell’esperienza al Forteto. Fiesoli è stato arrestato pochi giorni prima, il 30 novembre: «All’inizio — dicono i due — ci parve un’esperenza positiva, ma piano piano ci siamo accorti che viceversa il gruppo era estremamente chiuso, ripiegato su stesso e che al suo interno avvenivano stranezze anche gravi».

 

Quali?, chiedono i due inquirenti. Un esempio: «A una festa c’era un ragazzo spastico che stava in carrozzella, il Profeta disse che avrebbe fatto come Gesù quando faceva i miracoli. Lo prese, lo alzò dalla carrozzella e lui cadde. Allora gli ordinò: ‘Alzati, cammina! Te lo ordino io’. Due lo alzarono e fece dei metri a saltelloni come sapeva fare. Quindi cadde ancora di botto a terra. Il Fiesoli disse allora che ‘il miracolo era avvenuto’». Certo, si legge, perché «il Fiesoli si è dichiarato come un Dio in terra con la missione di redimere le anime». Era il 1978. E a un uomo così — che in altre lettere di suo pugno scritte in quegli anni e agli atti del processo sostiene di essere «nella luce di Dio e nessuno al mondo me la può toccare perché tutto il male è su un piano geometrico diverso» — il tribunale dei minorenni di Firenze ha continuato ad affidare minori in difficoltà.

 

ORA, con la nuova presidente Laura Laera (che, ignara di tutto, si è ritrovata il caso Forteto fra le mani e sta tentando di risolvere i danni del passato), le cose sono diverse e la nuova inchiesta della procura sembra aver scosso dalle fondamenta gli uffici giudiziari di via della Scala, per tanti anni inspiegabilmente proni davanti al Forteto e al suo Profeta. Ma il passato non si può cancellare. Perché spunta dalle carte del 1978 e da quelle degli anni successivi. E se la follia religiosa potrebbe già di per sé essere considerata un ‘legittimo impedimento’ a quel che invece il tribunale dei minori ha deliberato per decenni, la parte relativa al sesso è la pietra tombale della vergogna.

 

E’ sempre la coppia di Prato a parlare a Chelazzi e Casini: «Fiesoli aveva una particolare fissazione di carattere sessuale». E si legge: «E’ successo due o tre volte che nel corso delle riunioni egli si sia tirato giù i pantaloni e le mutande, prendendosi in mano il membro e mostrandolo, secondo lui doveva essere un gesto disinibitorio». E’ solo l’inizio di un racconto choc fatto di divieti ad avere rapporti sessuali fra coniugi, di richieste di rapporti omosessuali, di riunioni collettive per guardarsi reciprocamente i genitali, di parolacce, di insulti, di inviti a picchiare i propri genitori. E qui torna anche l’altro lato emerso nell’inchiesta di oggi: «Tra le cose che secondo il Fiesoli bisognava fare c’era rompere con la famiglia. A me disse che non sarei stata libera da mia madre finché non l’avessi picchiata».

 


TUTTE dichiarazioni successive all’arresto del 30 novembre 1978. Mentre il giorno 29, al magistrato Casini, un’altra ospite del Forteto confermerà che «per sbloccarla il Fiesoli le faceva vedere il membro». Il giorno dell’arresto sono Chelazzi e Casini, insieme, a interrogare il Profeta: respinge ogni accusa, Fiesoli, «non ricordo di aver compiuto gesti di esibizione o di essermi denudato, ma ritengo che anche gesti di questo tipo potrebbero avere effetto sbloccante nei confronti di persone oppresse da paure».

 

Nega e negherà tutto, Fiesoli, che viene scarcerato il primo giugno del 1979. E proprio in quelle stesse ore il tribunale dei minorenni allora guidato da Giampaolo Meucci gli affida un bambino down, un segnale chiarissimo di quale parte avrebbe tenuto quell’istituzione in quel momento e negli anni successivi. Anche nonostante la condanna definitiva arrivata nel 1985 per atti di libidine violenta, corruzione di minorenne e maltrattamenti. Fu invece assolto dall’accusa di atti osceni in luogo pubblico per le sue esibizioni di genitali. Ma non perché non li avesse commessi, confermò la Cassazione, ma perché era avvenuto in un luogo privato. Il Forteto.


E’ IL 1978 quando un magistrato rigoroso come Gabriele Chelazzi scoperchia il marcio degli abusi al Forteto. E dunque: quanti bambini abusati ha sulla coscienza chi, nei tre decenni successivi, non ha voluto o non ha saputo vedere o ha volutamente ridimensionato quel che accadeva là dentro?