di Roberto Conticelli

Assisi, 19 ottobre 2013 - E' il segno dei tempi e non possiamo farci niente. Mentre qua e là per l’Umbria torna a soffiare imperiosamente il vento lefevriano della messa in latino, il Seminario regionale sceglie di navigare in direzione diametralmente opposta, rompe gli indugi e salta a piè pari oltre i rigidi steccati del formalismo clericale: i futuri preti — udite udite — andranno a scuola di ars oratoria allo scopo di svecchiare le proprie omelie, ritenute fin troppo «barbose».

Ispiratore di una simile rivoluzione culturale interna alla Chiesa non è altri che Papa Francesco, il quale lo scorso 4 ottobre, durante la storica visita ad Assisi, rivolgendosi ai numerosi sacerdoti presenti aveva sostenuto: «Basta con queste omelie interminabili e noiose nelle quali spesso non si capisce niente».
Detto fatto, il Pontificio Seminario Regionale che nella città del Santo poverello ha sede non ci ha pensato due volte, decidendo seduta stante di «spedire» i propri aspiranti sacerdoti a scuola di lingua parlata e sciolta.

Il corso si chiama «public speaking», nell’ambito del quale i preti di domani potranno contare sugli insegnamenti di un formatore aziendale e di un regista di teatro. Roberto Grandis, presidente di Empatheia, società di formazione con sedi a Gubbio e Torino, e Riccardo Liberati, regista che da anni collabora con la stessa società, sanno bene come poter indirizzare i propri «clienti» al cuore di un discorso pubblico, evitando loro di perdersi in inutili quanto noiosi giri di parole.

Gestiranno i seminaristi come per anni hanno preparato i top manager desiderosi di farsi capire in tutte le fasi dell’attività aziendale, anche e soprattutto perchè in simili contesti la comprensione altrui è sinonimo di potere proprio.

Di ben altro potere si tratta nel caso dei sacerdoti umbri, che tuttavia hanno anch’essi l’esigenza di giungere al meglio alle orecchie di ogni fedele, ricco o povero, colto o meno che sia. Il corso in questione inizierà ad Assisi lunedì prossimo e coinvolgerà quindici seminaristi per tre giorni.

Non è dato sapere se Papa Francesco sia stato informato della novità, pur se è chiaro che dal Pontefice — dopo quanto dichiarato al cospetto del Santo del quale porta il nome — non potrà che arrivare un apprezzamento incondizionato all’iniziativa. D’accordo anche molti fedeli la cui opinione è stata da noi raccolta, pur con qualche inevitabile specifica: «Sì a omelie più chiare e comprensibili, ma non sempre è questione di forma.

Dai sacerdoti pretendiamo invece la sostanza, e soprattutto che sappiano davvero di cosa parlano, operando in coerenza con quanto da loro stessi viene sostenuto». Ma questa è davvero tutta un’altra storia...