Firenze, 12 giugno 2013 - PICCOLI RENZIANI crescono? Chissà. Certo è che dal voto che ha appena rinnovato una parte delle amministrazioni toscane, gli uomini che fanno riferimento al sindaco di Firenze crescono. In questo senso la novità più forte arriva da Siena, con il neosindaco Bruno Valentini apertamente schierato con la ventata rinnovatrice di Renzi. Ora: un rottamatore alla guida della città che fin qui aveva fatto da cassaforte al partito rosso, in altri tempi sarebbe stata letta come una rivoluzione. Ma anche oggi, in tempi in cui i maremoti politici sembrano all’ordine del giorno, alcune sue dichiarazioni non sono certo passate sotto traccia: «La ricreazione è finita», ha detto Valentini riferendosi ai rapporti fra Comune e Monte dei Paschi, annunciando di aspettarsi «un’azione di risarcimento nei confronti di chi ha danneggiato la Fondazione» e invitando poi i vertici della stessa Fondazione Mps (oggi guidata dall’ex margheritino Gabriello Mancini) a «non prendere più decisioni significative fino alla scadenza del loro mandato». Un pronunciamento in pieno spirito «rottamatore», che sicuramente provocherà nell’establishment senese più di una preoccupazione.

Ma la marcia di Renzi dentro il partito toscano non si ferma alla conta dei sindaci vicini a lui. Il prossimo step è previsto agli inizi di luglio quando, all’assemblea regionale del partito, il segretario Andrea Manciulli rassegnerà le dimissioni. La voglia dei renziani è quella di eleggere un proprio uomo come successore, ma siccome il congresso del partito è previsto per il tardo autunno, non avrebbe senso una conta in questa occasione. Così a luglio il partito dovrebbe essere affidato a un reggente, ovvero al dalemiano Ivan Ferrucci, oggi coordinatore della segretario regionale. Poi, al congresso appunto, lo scontro vero.

I RENZIANI hanno già avanzato la candidatura di un loro uomo, Dario Parrini, ex sindaco di Vinci oggi parlamentare. Sul suo nome potrebbero convergere non solo i voti dei renziani ma anche quelli dei dalemiani (che ormai sono altra cosa rispetto ai «bersaniani») e quello della maggioranza degli ex Margherita (i «fioroniani» sembrano già schierati e così i «lettiani» mentre i «franceschiniani» per ora preferiscono restare a guardare). Così a fermare la marcia di Parrini (e di Renzi) resterebbero solo i bersaniani duri e puri (che hanno a Firenze la loro capitale politica nella regione), la sinistra del partito, i pochi fan di Rosi Bindi e, soprattutto, un dalemiano atipico come il governatore Enrico Rossi, il quale pur di sbarrare la strada al rottamatore alzerebbe palizzate con chiunque. Basterà?
s.c.