Firenze, 4 giugno 2013 «PRONTI per ogni emergenza. Proprio per questo, cominciamo col dire una cosa: l’allarme Sars non riguarda tutti, ma solo coloro che hanno avuto contatti prolungati con le persone che sono risultate infette e con quelle che ora sono sotto osservazione». Stefano Grifoni, direttore del pronto soccorso di Careggi, è netto e irremovibile: allontanare i fantasmi. Subito. Uno dei primi timori, in queste situazioni, è il diffondersi del panico. «Bisogna scacciare le paure prima di tutto perché il virus, a quello che gli infettivologi hanno potuto osservare sin qui, si manifesta con caratteristiche del tutto simili a quelle dell’influenza: le persone che si sono ammalate stanno tutte bene. Sono ancora ricoverate in ospedale solo per verificare la scomparsa del virus e per scongiurare ogni ulteriore pericolo di trasmissione».
 

MA IL SISTEMA è pronto per rispondere a tutte le necessità: anche nella malaugurata ipotesi che arrivasse un caso più grave, la rete è aperta e ci sono a disposizione i macchinari Ecmo (che furono acquistati per la temuta pandemia di influenza suina) che servono per la respirazione extracorporea in caso di complicanze molto gravi. «Il sistema è talmente in preallerta che qualsiasi cosa dovesse verificarsi saremmo in grado di afforntarla — dice Grifoni—: state sereni perché è tutto sotto controllo».
 

La malattia sul primo paziente, il 45enne giordano, è stata indivuduata tempestivamente, proprio grazie all’attenzione ai protocolli. Il ministero aveva inviato una circolare a tutti gli ospedali, segnalando la nuova Sars tra le malattie infettive pericolose, soprattutto tra i pazienti in arrivo dal Medio Oriente.
E il pronto soccorso di Careggi come è organizzato?
«Secondo le precise indicazioni impartite dall’Unità di crisi e dagli infettivologi».
Quando arriva una persona con sintomi sospetti viene isolata?
«Al triage viene individuato il paziente che può essere sospetto. Ovvero, o uno della lista delle persone sotto osservazione o sotto sorveglianza, oppure qualcuno che arriva dal Medio Oriente e in particolare da Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar e Giordania. E’ stata allestita una stanza per le visite proprio all’ingresso del pronto soccorso, in modo da isolare il paziente. Che sarà visitato dal capoguardia di turno (il servizio è presente 24 ore su 24). Se manifesta sintomi sospetti, verrà chiamato l’infettivologo».
Qual è la lista dei sospetti?
«Prima di tutto, ad ora, essere stati a contatto prolungato con le persone risultate infette. Oppure arrivare da uno dei Paesi elencati».
Invece la lista lei sintomi?
«Febbre alta, difficoltà respiratoria: i sintomi classici di una brutta influenza».
Al pronto soccorso è arrivato qualcuno preso dal panico?
«Per fortuna no. Per ora non è successo e speriamo che, essendo tutto sotto controllo, il pronto soccorso resti fuori dal percorso stabilito. Non siamo il punto di riferimento per questi pazienti».
Ma il pronto soccorso è sempre un presidio di frontiera, il priomo accesso all’ospedale?
«Per questo ci siamo organizzati. Ma le persone che non hanno avuto alcun tipo di contatto con i contagiati o che non vengono dal Medio Oriente, non si devono precipitare al pronto soccorso».
Lo screening viene fatto a tutti i pazienti?
«No. Viene fatto solo sui pazienti sintomatici. Chi non ha sintomi non si presenti spontaneamente solo per togliersi l’eventuale preoccupazione di essere stato contagiato se non ha avuto contatti con le persone infette».
Il rischio è anche quello che possa intasarsi il pronto soccorso.
«L’attività di emergenza-urgenza deve andare avanti. Non deve e non può risentire di questo problema. Per questo è stato creato un percorso dedicato per le persone sotto osservazione e sotto sorveglianza. Noi dobbiamo esserci sempre e per tutti».

Ilaria Ulivelli