Firenze, 3 marzo 2013 - «RIAPRIRE le indagini sul mostro a questo punto è doveroso. Sì, la procura di Firenze ha il dovere di fare le dovute perizie, analisi e comparazioni tra pistola e bossoli per approfondire la notizia del ritrovamento di una vecchia Beretta calibro 22 in una caserma dei carabinieri a Potenza». Più che un’opinione, un appello. «Perché la verità non ha mai fine». Lo firma l’avvocato fiorentino Aldo Colao, che nei processi contro Pacciani prima e Lotti e Vanni poi, ha tutelato come parte civile la famiglia di Paolo Mainardi, giovane elettromeccanico massacrato con la fidanzata Antonella Migliorini nell’82 a Baccaiano di Montespertoli. Il legale argomenta la sua richiesta con un rosario di argomentazioni che, garantisce, prendono spunto da indizi e spunti celati nei monumentali faldoni di processi e indagini accumulatisi nei decenni sul caso del mostro. «Può darsi — riflette — che alla fine si riveli una bufala o una mera combinazione questa storia della Beretta di Potenza, acquistata da un sardo amico di Salvatore Vinci e che negli anni ’60 ne denunciò il furto. Ma ci sono molte, strane coincidenze — rilancia l’avvocato, che più della pista sarda è convinto della colpevolezza del contadino di Mercatale in tutti gli otto duplici delitti, a partire dal primo — Ad esempio, il fatto che Pacciani scontò in carcere in Sardegna buona parte della condanna a 22 anni per aver massacrato nel ’51 a coltellate l’amante della sua fidanzata. Magari in carcere ha conosciuto qualcuno che una volta fuori gli ha passato o fatto avere la Beretta. Eppoi — insiste Colao — vorrei chiarire se ci sono eventuali collegamenti tra il fatto che la Beretta è stata trovata in una caserma e i sospetti che durante le indagini hanno coinvolto un militare fino a far ipotizzare che potesse aver passato i proiettili a Pacciani». La teoria dell’avvocato è che Pietro Pacciani sia stato responsabile anche del primo dei duplici assassinii, nel ’68 a Castelletti di Signa. Mentre il contadino di Mercatale fu condannato (poi assolto in appello) per i sette successivi omicidi.

«Ormai è difficile arrivare a una verità più profonda — commenta da Montespertoli Giuliano Ulivelli, marito settantenne di una delle sorelle di Paolo Mainardi che parla anche a nome della moglie Laura — ma purché non siano chiacchiere, se c’è anche una sola possibilità di sapere qualcosa di più è giusto indagare». Ogni anno, verso il 19 giugno, i parenti di Paolo e Antonella si ritrovano nella chiesetta di San Quirico per una messa in suffragio. «Non abbiamo dimenticato. Quando la morte arriva in una famiglia in quel modo, come si fa a dimenticare?».
Simone Boldi