Pistoia, 31 gennaio 2013 - «SONO STATO IO a tirare le coltellate. L’ho fatto a un certo punto perché ho avuto paura». Il 16enne albanese, fermato dai carabinieri di Pistoia nel tardo pomeriggio di lunedì, avrebbe già ammesso di essere l’autore materiale dell’aggressione a Gian Michele Gangale, 35 anni, durante la terribile rapina messa a segno la mattina del 24 gennaio scorso nella villa di via Tacinaia, sulle colline di Buriano, durante la quale è rimasta ferita anche Maria Bugheano, 45 anni, romena, compagna del babbo di Gangale.

 


La vasta operazione messa in atto dai carabinieri del Nucleo operativo radiomobile della Compagnia di Pistoia, insieme ai militari della stazione di Quarrata, il Nucleo investigativo e i colleghi del Ros e del Ris, diretti dal sostituto procuratore Claudio Curreli, ha portato a un primo fermo, il 25 gennaio, del basista della banda, Arben Pepa, 36 anni, che gravitava intorno a Quarrata, Prato e Milano. Gli altri due arresti sono scattati invece lunedì scorso a Prato, nella zona di Pratilia: i militari hanno fermato Kola Kastriot, 33 anni, clandestino che viveva tra Prato e Quarrata e il minorenne, che risulta residente a La Spezia, e avrebbe alcuni parenti a Prato.
Per i due albanesi fermati lunedì gli interrogatori potrebbero scattare nella giornata di oggi: Kastriot davanti al gip del tribunale di Prato, il 16enne, invece, davanti al tribunale dei minori di Firenze.


Intanto, per tutta la giornata di martedì, il babbo di Gian Michele, l’imprenditore edile Francesco Gangale, e la sua compagna romena, Maria Bugheano, sono stati ascoltati a lungo nella caserma dei carabinieri di viale Italia, per fornire particolari utili nella ricostruzione dei fatti avvenuti quella terribile mattina. «Io vorrei ringraziare i carabinieri che sono stati bravissimi, senza di loro i banditi oggi sarebbero liberi», dice tra le lacrime Cristina Gangale, la sorella maggiore di Gian Michele, che dal 24 gennaio prega per la sorte del fratello. E intanto si aggravano le condizioni di Gian Michele, ricoverato nel reparto di neurorianimazione dell’ospedale di Careggi a Firenze.


«I medici ci hanno detto che si è aggravato — racconta Cristina —. Una delle coltellate gli ha perforato un polmone e l’altro, quello buono, sembra compromesso da un versamento. Da ieri, poi, ha anche la febbre. Ora, ci dicono i medici, rischia la vita». E’ disperata Cristina, che da ieri è tornata nella sua casa a Quarrata. «Io vorrei stare con Gian Michele giorno e notte ma non posso — racconta — Assisto mia madre, che è gravemente malata da nove anni, e ho un bambino piccolo. In ospedale a Careggi abbiamo visto arrivare decine di amici: da Firenze, da Campi Bisenzio, da tutte le parti. Gian Michele ha amici ovunque, è amatissimo. E’ un ragazzo innocuo, mingherlino: io ancora non riesco a capire perché si siano accaniti con tanta violenza contro di lui. Bastava dargli una strattonata, per farlo cadere. E invece ce l’hanno ridotto in fin di vita».
 

Martina Vacca