Cascina (Pisa), 23 ottobre 2012 - LA VOCE che si spegne in gola, le parole che muoiono strozzate dai singhiozzi e dalle lacrime nel ricordare una tragedia che, in poche ore, ha distrutto una famiglia e lasciato due bambini senza mamma e senzi i nonni adorati. A ripercorrere il tunnel di una storia assurda e maledetta è Daniela Di Ruscio, cugina di Simonetta. E’ lei la testimone diretta del dramma, visto che è stata lei a precipitarsi con i parenti al Pronto Soccorso ed è sempre rimasta vicino a loro.

«I funghi li ha trovati mio zio Lino in un campo vicino all’abitazione, a San Giorgio di Cascina. Lo abbiamo visto nel pomeriggio tornare verso casa. Io ero con il mio fidanzato e i miei genitori: ci ha mostrato una manciata di funghi verdastri e gli abbiamo chiesto se era sicuro che fossero buoni. Ha risposto che li avrebbe buttati, ma non so dire se lo ha fatto veramente e se poi è tornato a raccoglierne ancora». In diverse circostanze, hanno riferito altri parenti, prima di mangiare i funghi raccolti, Lino li avrebbe fatti controllare da alcuni conoscenti. «Ma una volta — continua Daniela — dopo aver assaggiato i primi bocconi ha deciso di aspettare un po’ per vedere se si manifestavano effetti collaterali per poi rassicurarsi e terminare il pasto con calma».

STA di fatto che a sera gli ovuli finiscono in padella e vengono consumati oltre che da Lino, anche dalla moglie Luisa, dalla figlia Simonetta e da uno dei ragazzi, quello di 13 anni, che per fortuna ne assaggia solo tre piccoli pezzi, mentre l’altro figlio di Simonetta, 7, non ne prende («non vuole mai mangiare nulla») e così è l’unico a salvarsi.

LA NOTTE passa senza problemi. Ma il mattino seguente i Di Ruscio iniziano a stare male. Con il passare delle ore si intensificano mal di pancia e conati di vomito. Simonetta va al lavoro, a Pisa, ma è costretta e tornare a casa per i dolori insopportabili. «Nel primo pomeriggio mi telefonano chiedendo aiuto. Esco anche io dal lavoro e li raggiungo a casa. Mi riferiscono — spiega Daniela — di aver chiamato anche il 118, ma senza ottenere nulla». Forse non sono riusciti a spiegarsi bene, forse non hanno parlato dei funghi mangiati la sera precedente, forse hanno riferito genericamente di forti dolori di pancia. Sta di fatto — prosegue Daniela — «che dal 118 hanno ricevuto la risposta che per casi di questo genere non è previsto un intervento diretto, ma che è possibile rivolgersi di persona al Pronto Soccorso». «Non è venuta nessuna ambulanza, non si è visto nessuno. E’ una vergogna» rincara la dose Alfredo Di Riuscio, fratello di Lino e zio di Simonetta: «Si doveva soccorrerli immediatamente». Forse qualcosa in più dirà l’autopsia, disposta dalla magistratura che ha aperto un fasciolo.
«Insieme — riprende la cugina — abbiamo chiamato il medico di famiglia, che è arrivato subito e che ha detto di precipitarsi in ospedale».

Così Daniela carica tutti in macchina e parte per Cisanello. «Li ho lasciati davanti all’ingresso, perché avevo con me il bimbo più piccolo. Li ho visti entrare piegati dai dolori». Ma Daniela ha parlato al telefono e rivisto la cugina anche nei giorni seguenti. «Mi ha riferito che subito sono iniziate analisi e terapie e la notte di giovedì è trascorsa in osservazione al Pronto Soccorso. Il venerdì mattina mio zio Lino, anche per la concomitanza di altre complicazioni, è stato trasferito alla terapia intensiva del Centro trapianti, mentre Simonetta e la madre sono rimaste al Pronto Soccorso». Nel frattempo è scattata la mobilitazione per la ricerca degli organi necessari a un eventuale trapianto di fegato, carta estrema che i medici si riservano per cercare di salvare gli intossicati.
 

POI la situazione precipita: «Sabato alle 10.30 Simonetta mi ha telefonato: con un filo di voce mi avverte che l’avrebbero trasferita con la madre in Rianimazione perché i valori delle analisi erano tutti sballati. Mi sono precipitata in ospedale e sono riuscita a vederla intorno alle 13. Era distrutta: le avevano appena prospettato la possibilità di un trapianto di fegato, soprattutto se i ‘lavaggi del sangue’ e le trasfusioni non avessero prodotto effetti positivi. Era agitata e preoccupatissima per i figli, continuava a chiedere notizie», ma probabilmente non si rendeva conto della gravità della situazione: «Qui la cosa è lunga, ne avrò per un po’, mi raccomando i bambini» continuava a ripetere.

Il veleno non le ha dato scampo. Entrato in circolo, ha «bruciato» il fegato di Simonetta e dei suoi genitori. I medici hanno tentato l’impossibile. I loro nomi sono stati iscritti in cima alla lista delle urgenze nazionali. Ma in questi casi non si sa quando un organo si renderà disponibile. Alla fine un fegato è arrivato, domenica pomeriggio, ma Simonetta era spirata da circa un’ora. Verso l’alba di ieri l’ha raggiunta anche il babbo Lino, morto proprio nei momenti in cui i chirurghi trapiantavano un altro fegato alla mamma Luisa, che se ne è andata ieri sera poco dopo le 20. Il ragazzino di 13 anni, invece, sta meglio ed è in Pediatria. E’ uscito dall’infanzia nel modo più duro: ieri pomeriggio hanno dovuto dirgli che la sua mamma e i nonni non ci sono più.

Guglielmo Vezzosi