Firenze, 5  aprile 2012 -  LE INDAGINI sull’attentato all’arcivescovo, dopo lo sparo nel buio nel cortile della Curia, hanno portato gli inquirenti sulle tracce di un’altra vicenda che appare totalmente estranea all’agguato, ma che rischia di far tremare la Diocesi.

 

Il settimanale “Panorama” nel suo prossimo numero riporta accuse di pedofilia contro don Daniele Rialti, 60 anni a novembre, sacerdote della Madonnina del Grappa attivo nel movimento dei neocatecumenali nella parrocchia di San Bartolomeo in Tuto a Scandicci. Le accuse al sacerdote, scrive il settimanale della Mondadori, risalgono a tre anni fa e a quel tempo l’arcivescovo Betori, sentito don Rialti, si è limitato a trasferirlo, dopo diciassette anni, dalla parrocchia empolese di San Giovanni Evangelista, che fa capo all’Opera fondata da don Facibeni, alla comunità di San Bartolomeo in Tuto, distante appena una ventina di chilometri. Le accuse a don Rialti, continua “Panorama”, sarebbero state mosse da un gruppo di fedeli rivoltisi al parroco, don Paolo Cioni, rimasto a Empoli un anno e poi promosso alla guida della parrocchia di San Niccolò a Calenzano. Quelle che don Rialti definisce «calunnie e menzogne» sarebbero state confermate a “Panorama” da alcuni testimoni che, nelle scorse settimane, sono stati ascoltati dalla polizia in relazione all’attentato.
 

 

Don Rialti e la Curia respingono con forza ogni accusa. Il sacerdote, che è un canonista e giudice da molti anni del Tribunale Regionale Etrusco, è stato nominato nel 2010 dall’arcivescovo Betori promotore di giustizia, l’equivalente di procuratore capo, del Tribunale Ecclesiastico Diocesano, che ha responsabilità in prima istanza di eventuali accertamenti a carico di sacerdoti sospettati di reati. Ma prima di aprire un fascicolo ci vogliono accuse precise e circostanziate, puntualizza la Curia in un comunicato, che in questo caso non c’erano come invece è successo in altre due situazioni, oltre all’orrore degli abusi reiterati negli anni da parte di don Lelio Cantini, ridotto nel 2008 allo stato laicale da papa Ratzinger e morto a 89 anni nel febbraio scorso. Più di recente la cronaca si è dovuta occupare della relazione malata, finita di recente in un’aula di tribunale, tra una ragazzina di appena 16 anni e un parroco di provincia di 45 anni. Una storia che si è conclusa per sempre con una sentenza per violenza sessuale. Il prete, che nel frattempo ha abbandonato l’abito talare, è stato condannato a 4 anni e sei mesi ed è stato interdetto dai pubblici uffici per 5 anni.

 

Tutto ha avuto inizio nel 1999, quando in una parrocchia di Montelupo è arrivato un prete indiano, John Moniz, del quale la ragazzina s’innamorò. Per molestie su minori maschi, invece, è stato condannato a livello canonico don Roberto Berti, ex parroco dell’Immacolata Concezione di Ginestra dal 1990 al 2001 e di San Mauro a Signa dal 2001 al 2008 che l’ex Sant’Uffizio ha riconosciuto «colpevole di molestie sessuali e psicologiche su minori», obbligandolo per otto anni a vivere, vigilato, in una struttura ecclesiastica fuori dalla diocesi.
 

                                                                                                 DUCCIO MOSCHELLA [email protected]