Firenze, 30 agosto 2011 - Diceva un vecchio proverbio che le bugie hanno le gambe corte. Per dire che poi, alla fine, la menzogna viene scoperta e la verità ha l’ultima parola. Sul momento però non c’è niente da fare: chi mente ha sempre buon gioco. Proprio perchè mente, il suo modo scorretto di agire sovverte le regole del gioco e vince: carpendo la fiducia del prossimo, nell’immediato la bugia vince sempre. Come chi bara, finché non viene scoperto.

Non trovo di meglio per spiegare l’assurda campagna sui privilegi fiscali della Chiesa. Mi domando come si fanno a dire tante sciocchezze con la faccia tosta di farsi passare per persone documentate che riferiscono solo la verità dei fatti.

I preti non pagano le tasse? E quando mai? Oltre ad essere un preciso dovere morale, andate a vedere quanto viene trattenuto ogni mese dal modesto stipendio, senza tredicesima, che il prete riceve. E se ha di suo, altre tasse, naturalmente e giustamente. E le parrocchie e le diocesi non pagano le tasse? Provate a verificare per favore quanto pagano ogni anno e vi accorgerete che le tasse, di ogni genere, le parrocchie le pagano eccome! Già, ma c’è la riduzione a metà dell’IRES e poi l’ICI benedetta: lì il privilegio è evidente! Sì, certo, il privilegio sta in sostanza nell’aver associato le parrocchie agli enti di beneficenza e istruzione. Tutto nasce di lì. Non ci sono leggi speciali per la Chiesa. C’è solo un’equiparazione. Orrore! Le nostre parrocchie sono infatti notoriamente aziende private a scopo di lucro! Non assistono nessuno, non hanno alcuna funzione sociale, non si preoccupano minimamente di chi sta male. Chiunque frequenti appena le nostre parrocchie e diocesi si rende subito conto dell’assurdità di certe affermazioni. Ma intanto queste corrono, passano di bocca in bocca, acquistano sempre più rilevanza nei mezzi di comunicazione e così via, fino a diventare verità sacrosanta. 

Con pazienza allora lo ridiciamo ancora una volta: se la Chiesa in alcuni casi non paga l’ICI, è per una legge che vale per lei come per tanti altri. Quando però uno qualsiasi dei suoi immobili è affittato o è destinato a finalità commerciali, l’ICI la Chiesa lo paga fino all’ultimo spicciolo. 

Vorrei dire una parola ancora sulla battuta da facebook del Presidente della nostra Regione che invitava la Chiesa a fare la sua parte in tempo di crisi economica. Siamo grati per l’invito. Ma che sta facendo la Chiesa, da sempre direi, e in particolare in questo tempo di crisi? Non fa proprio niente? Ma a qualcosa rinunci, dice il Governatore. E detta così la cosa fa subito presa. Possiamo discuterne, non ci tireremo indietro. Forse tra le svariate circolari e le pieghe delle diverse dichiarazioni esplicative, si potranno trovare margini per una maggiore trasparenza e per una più attenta valutazione perchè non si verifichino abusi sempre possibili. Se ci sono situazioni da definire meglio e da chiarire, siamo ben disposti, ci mancherebbe. Ma in sostanza, a che cosa si dovrebbe rinunciare? A quel misero contributo che vien dato per restaurare un ingente patrimonio storico artistico che è un bene prezioso di tutti gli italiani, pur gravando sulle spalle della chiesa? O forse a quanto proviene per legge dagli oneri di urbanizzazione secondaria e che molti comuni già non danno per le difficoltà del momento? Oppure all’altrettanto modesto contributo alle scuole paritarie che se fossero dello Stato gli costerebbero molto di più? Oppure all’8X1000 che è un sistema di libertà, dove i cittadini con la loro firma possono tranquillamente decidere a chi destinare un piccola parte del gettito IRPEF complessivo? 

A me pare che in realtà la Chiesa, con poche e risicate risorse faccia letteralmente miracoli che vanno a vantaggio di tutti i cittadini, sopratutto dei più disagiati. Che questo dispiaccia a qualcuno, temo purtroppo che sia vero. Che la Chiesa possa fare di più e meglio è sempre possibile. Che dia un “segno” della propria partecipazione al momento di crisi che viviamo, sinceramente mi sembra che basti soltanto avere occhi limpidi per vederlo.