Firenze, 22 maggio 2011 - CONDIZIONATI come siamo dal nostro passato, osserviamo il presente e immaginiamo il futuro senza voler correre tanti rischi. E ci attacchiamo ai maniglioni di sicurezza delle certezze del già visto, del già vissuto, del già analizzato. Come se tutto quel che accade altro non fosse che una replica di quanto la storia ha già raccontato. Perchè il nuovo, l’assenza di schemi, la fantasia imprevedibile spaventano. E così il movimento degli «Indignados», i giovani che a decine di migliaia da giorni occupano, accampati sotto le tende, la Puerta del Sol di Madrid e altre piazze della Spagna, accende interrogativi che rifiutano la sfida dell’inedito.
 

 

E’ un nuovo ’68? E’ l’onda lunga della rivolta partita dalla sponda meridionale del Mediterraneo che, attraverso la Spagna, si accinge a contagiare tutta l’Europa? E’ la fiammata domestica, circoscritta nello spazio e nel tempo, di una generazione particolarmente delusa dal fallimento del modello Zapatero che, appena quattro anni fa, affascinava il mondo e attraeva giovani da ogni dove? E’ la conferma della dilatazione mediatica prodotta dalla rapidità di comunicazione delle nuove tecnologie, per cui tutto deve assumere per forza dimensione globale?
 

 

Probabilmente, anzi inevitabilmente, c’è anche tutto questo. Ma lo straordinario elemento di interesse che gli eventi spagnoli suscitano è la spontaneità di un movimento che muove proprio dalla rottura pacifica delle rigide categorie politiche, sociali e culturali a cui non sappiamo e non vogliamo rinunciare. «Non siamo antisistema, è il sistema che è antinoi», recita uno degli slogan tracciati sui lenzuoli bianchi esposti, mentre una ragazza intervistata da Francesca Paci nel suo bel reportage da Madrid pubblicato ieri dalla «Stampa», spiega: «Non vogliamo che torni la destra liberista, ma siamo stanchi di questa sinistra che non ci rappresenta».
 

Né destra, né sinistra, ma la centralità dei bisogni. E’ solo spagnola questa roba? O non è piuttosto il disagio, la frustrazione, l’indignazione appunto, di una generazione senza confini geografici e ideologici, che chiede di entrare in una storia che ha deciso di saltarne il passaggio? Depurate delle richieste di respiro più nazionale, come il referendum per l’abolizione della monarchia e la condanna definitiva della dittatura franchista, alcune delle principali rivendicazioni contenute nel «manifesto» di Puerta del Sol possono trovare pronta adesione ovunque: 1) fine della precarietà lavorativa e dello sfruttamento con salario minimo fissato a 1200 euro; 2) riforme fiscali che favoriscano i redditi più bassi; 3) ogni legge o riforma di particolare importanza dovrà essere sottoposta a referendum popolare; 4) riforma della classe politica: no a privilegi e pensioni vitalizie e inserimento di concorsi pubblici ad hoc; 5) divisione dei poteri, i giudici non devono avvicinarsi alla politica e la religione diventi un fatto privato; 6) democrazia partecipativa e diretta mediante le nuove tecnologie, decentramento del potere politico. Gli «Indignados», per ora, in Italia hanno trovato solo qualche tiepido riscontro di partecipazione alle manifestazioni promosse in alcune grandi città, tra cui Firenze. Proprio per l’umiltà d’approccio che il fenomeno richiede, non sappiamo cosa accadrà nei prossimi giorni. Ma sappiamo per certo che è ridicolo, prima ancora che inutile, il tentativo di appropriarsene che alcuni esponenti della sinistra radicale hanno già azzardato. Anche la strumentalizzazione è roba vecchia per questi ragazzi.
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