Prato, 22 dicembre 2010 - QUANDO il giudice Anna Liguori ha letto la sentenza, non ci sono state reazioni inconsulte. Un clima tutto sommato sereno, per quanto possibile: da una parte la famiglia di Mariso Mordini, cioè la vedova Sara Castellani e il figlio Fabio, avvocato. Dall’altra i parenti di Aida Halilovich, la 23enne Rom condannata a 14 anni di carcere per aver ucciso con una coltellata al cuore il pensionato 72enne nella notte del 16 settembre 2009, di fronte al pronto soccorso.

 

L’attesa era cominciata a metà mattina fuori dall’aula dell’udienza preliminare, a porte chiuse come da procedura, dove il pubblico ministero Eligio Paolini ha chiesto il massimo della pena: 30 anni, in pratica l’ergastolo con lo sconto di pena automatico in caso di rito abbreviato, come nella fattispecie. Una richiesta forte delle perizie che avevano attestato la capacità di intendere della Halilovich al momento dell’omicidio.
La difesa dell’avvocato Terranova, invece, era basata sulle perizie che sostenevano l’esatto contrario: la totale infermità di mente. E su quelle carte si è giocato un processo difficile, di grande impatto popolare. Il gup Liguori depositerà fra novanta giorni le motivazioni della sentenza; per ora si capisce che ha concesso le attenuanti generiche, per cui la pena è scesa da 30 a 21 anni, il minimo. Lo «sconto» del 30% ha portato a 14 anni. Poi si vedrà in appello... Da aggiungere anche i risarcimenti stabiliti dal giudice Liguori: 400mila euro alla vedova, 250mila al figlio.

 

COMPOSTE le reazioni dopo la sentenza: «Aida ha reagito bene, era preparata», dice l’avvocato Terranova, che preannuncia il ricorso in appello per far valere l’infermità mentale e contestare l’equivalenza fra le attenuanti generiche concesse e l’aggravante dei futili motivi.
Lo stesso per i familairi di Mordini: «La signora Castellani era commossa — dice l’avvocato di parte civile Manuele Ciappi — ma sta male, perché non capisce come la morte del amrito possa comportare 14 anni di pena. Poi reagisce con grande signorilità, perché si tratta di una famiglia davvero per bene e di grande civiltà, ma mentre il figlio è avvocato, e quindi comprende meglio il meccanismo della legge. Meccanismo bizzarro — continua l’avvocato Ciappi — ma che va imputato al sistema, non a questo giudice: il gup o le dava 30 anni o 14-16, non c’era via di mezzo. E’ un paradosso, ma è così. E quale giudice dà 30 anni a una ragazza di 23 anni che comunque ha chiamato i carabinieri dicendo di aver ucciso un tunisino che voleva violentarla, che vive come vive, che ha subito molti abusi, che ha ucciso con un solo colpo, dopo una battaglia di perizie contrastanti... Quindi per noi questo esito era purtroppo prevedibile».