Perugia, 18 dicembre 2010 - Non si oppongono alla richiesta delle difese di sentire alcuni nuovi testimoni ma dicono no alla disposizione di nuove perizie, il procuratore generale e i sostituti pg che rappresentano l'accusa nell'ambito del processo di appello in corso a Perugia per Amanda Knox e Raffaele Sollecito, condannati in primo grado a 26 e 25 anni di carcere per l'omicidio di Meredith Kercher.

 

I due ragazzi sono presenti oggi in aula. Nella stessa aula stanno assistendo all'udienza, tra gli altri, il padre e la sorella di Raffaele, Francesco e Vanessa Sollecito e la madre e il patrigno di Amanda, Edda e Chris Mellas. Durante le repliche il procuratore generale, Giancarlo Costaiola, non si è opposto alla richiesta delle difese dei due ex fidanzatini di sentire come testimoni il pentito Luciano Aviello, sottoposto a indagini da parte della Procura di Perugia per il reato di calunnia, e Mario Alessi, il muratore siciliano condannato per l'omicidio del piccolo Tommaso Onofri e che ha riferito di aver raccolto in carcere le confidenze di Rudy Guede in relazione all'estraneità di Amanda e Raffaele nell'omicidio della studentessa inglese.

 

Il Pg non si è opposto neanche alla richiesta di sentire alcuni detenuti dello stesso carcere, quello di Viterbo, dove per un periodo di tempo Guede e Alessi, sono stati detenuti insieme. No, invece, alla possibilità di risentire in aula il teste Antonio Curatolo, il senza tetto che nel processo di primo grado affermò di aver visto Amanda e Raffaele in Piazza Grimana, a poco distanza dalla casa del delitto, la sera in cui Meredith è stata uccisa e alla richiesta di sentire nuovi testimoni che, secondo la difesa Sollecito, smentirebbero le dichiarazioni del clochard.

 

Opposizione a tutto campo, invece, in relazione alle nuove perizie chieste dalle difese. Su quella audiometrica, in relazione all'urlo che Nara Capezzali, una anziana signora che vive a pochi metri dalla casa del delitto, afferma di aver udito la notte dell'omicidio (secondo l'accusa non si potrebbero mai riprodurre le esatte condizioni di quella sera). Una perizia secondo l'accusa «superflua» poichè le dichiarazioni dell'anziana donna sono da considerare «attendibili». No anche a nuovi accertamenti sul dna rilevato sul coltello ritenuto l'arma del delitto (sul quale è stato rilevato il dna di Amanda Knox e Meredith Kercher), a quelli medico legali e a quelli relativi alla finestra della camera di Filomena Romanelli (la coinquilina italiana che divideva la casa con la vittima e Amanda) attraverso la cui effrazione, secondo l'accusa, si sarebbe tentato di simulare il furto all'interno del casolare di Via della Pergola.

 

A prendere la parola è stato quindi il pubblico ministro Manuela Comodi, uno dei magistrati che insieme a Giuliano Mignini, ha rappresentato l'accusa nel processo di primo grado per i due ex fidanzatini. In particolare Comodi si è soffermata sulle perizie genetiche svolte dalla polizia scientifica sul coltello ritenuto l'arma del delitto e sul gancetto di reggiseno della vittima, dove è stato isolato il dna di Raffaele Sollecito. Il magistrato ha ricordato in aula come «i risultati delle analisi genetiche relative al coltello e al gancetto di reggiseno sono stati discussi in sede preliminare e durante il processo di primo grado, da una lista impressionante di testimoni» e che, nel corso dei sopralluoghi nella casa del delitto la polizia scientifica ha rilevato 460 tracce, 228 delle quali repertate.

 


«In quelle dalle quali è stato estratto il dna - ha detto la Comodi -, questo ultimo è risultato riconducibile o agli imputati, o a Rudy Guede o alla vittima e a uno degli imputati». Il magistrato ha quindi parlato di «inconsistenza delle critiche mosse all'operato della polizia scientifica» e di «infondatezza e inammissibilità delle richieste delle difese in ordine alla questione genetica». Quindi l'ipotesi di una possibile contaminazione dei reperti, più volte sostenuta dalle difese e respinta dall'accusa. «La contaminazione è un fatto e non una opinione - ha detto il magistrato - e come fatto va dimostrato. Le difese non hanno potuto dimostrare questo fatto perchè contaminazione non c'è stata».

 

In merito in particolare al gancetto di reggiseno della vittima, la Comodi ha sostenuto come «benchè questo sia stato repertato successivamente al primo sopralluogo della polizia scientifica, questo ultimo non è mai uscito dalla stanza del crimine», la stessa stanza abitata soltanto da Meredith e all'interno della quale «Raffaele non risulta mai essere entrato» successivamente al ritrovamento del corpo di Mez. Per la Comodi, quindi, «la potenzialità inquinante di Sollecito è nulla». La parola passa ora alle parti civili. La decisione della Corte in relazione alle richieste avanzate in aula è attesa in giornata.