Livorno, 23 febbraio 2010 - A SOLLEVARE il caso era stato Calogero Panevino, 48 anni, agente di polizia penitenziaria, che in segno di riconoscenza per la guarigione del padre, aveva donato all’ospedale di Livorno due statue della Madonna, alte 90 centimetri, realizzate da un artigiano di Montenero, chiedendo all’Asl il permesso di sistemarle nei locali dell’Hospice cure palliative e in degenza di medicina del nosocomio. Dopo mesi di silenzio, la risposta era arrivata con lettera protocollata del direttore generale Asl, Monica Calamai.

Permesso negato perché, recita la lettera «è precisa responsabilità dell’azienda, oltreché garantire il rispetto del sentimento religioso di ciascuno e delle diverse confessioni, assicurare l’ottimale fruibilità degli spazi destinati ai degenti, riservando alle attività non direttamente o principalmente dedicate a questi ultimi, spazi appositi e separati». Insomma, per la Calamai le statuette della Vergine darebbero fastidio ad atei e ai non cattolici in genere e intralcerebbero l’attività destinata ai degenti. Una scelta, la sua, che ha scatenato il dibattito in città. E non solo. Dai banchi del Pdl in consiglio provinciale, il capogruppo Costanza Vaccaro ha preso a cuore il caso e dato il via ad una raccolta di firme per portare le due statuette — oggi collocate sotto l’altare della cappella ospedaliera — nei reparti a cui erano destinate.

 Una petizione che in un mese ha raggiunto 2.922 firme. Non solo simpatizzanti del centro destra, ma — siamo, appunto, a quota 2.922 firme autenticate (e il numero è destinato a salire) — soprattutto comuni cittadini. Giovani e non, che non ne fanno una questione politica, ma una battaglia «in difesa della nostra cultura». Perché Livorno la rossa, città natale del Partito Comunista, è anche una terra di culto mariano, e qua la Madonna di Montenero non si tocca.
 

BORZACCHINI: "LA VERGINE DI MONTENERO? IO LA METTEREI DOVUNQUE IN CITTA'"

SON ROSSI fino al midollo, sono anarchici e irriverenti, sono goliardici e dissacratori. Ma tutti i livornesi, almeno una volta nella vita, hanno fatto visita al Santuario di Montenero, rivolto una preghiera o fatto un voto alla Madonna delle Grazie che protegge la città dal 1630, quando liberò Livorno dal contagio della peste. Può sembrare il plateale sintomo di un controsenso di massa, quasi una contraddizione endemica da far analizzare a qualche bravo studioso di etnologia.

«Sei livornese se... smoccoli a nastro ma poi fai il voto alla Madonnina di Montenero», recita uno dei comandamenti identificativi dell’essere labronico. E tra profano e sacro, all’ombra dei Quattro Mori, la contraddizione non c’è. Almeno secondo uno dei cultori della satira «made in Livorno», il professor Ettore Borzacchini, al secolo Giorgio Marchetti, di «genealogia complessa», come ama autodefinirsi, «nato a Lucca nel 1943 da genitori livornesi con un quarto di sangue napoletano da parte della nonna paterna», architetto e storico collaboratore del «Vernacoliere», e autore del celebre «Il Borzacchini Universale», vocabolario di parole, parolacce e modi di dire tipicamente labronici.

Professor Borzacchini, ma com’è questa storia dei livornesi atei e comunisti ma devoti alla Madonna? Non è un controsenso?
«Prima di tutto questa supposta antitesi mi sembra che esista solo nell’immaginario collettivo. Anzi, dirò di più. A ben vedere, secondo me, la stessa Vergine Maria era una comunista ante litteram nel senso più esteso del termine. Certo questa convivenza tra comunismo e fede nella Madonnna, quella di Montenero in special modo non è un controsenso affatto. Non c’è livornese che non la veneri, è un simbolo della città. E da livornese dico anche di più: sarebbe bene anzi che quelle statuette fossero messe in tutti i luoghi simbolo della città, dal foyer del teatro Goldoni, alla sala consiliare del Comune».
Quindi sembra di capire che lei si schieri con i 2922 firmatari della petizione lanciata dal capogruppo Pdl in consiglio provinciale, Costanza Vaccaro, e contro la presa di posizione del direttore generale Asl, Monica Calamai.
«La presa di posizione della dottoressa Calamai mi sembra un po’ buffa: come si fa ad ignorare il grido di tanti livornesi che vogliono quelle statuette nei reparti dell’ospedale? Ma a chi danno fastidio? Certo, sui miracoli sono un po’ scettico, e non credo che con le statuette in ospedale fioccheranno le guarigioni miracolose... Ma di certo non portano male. Quindi la Calamai non la faccia tanto lunga, se la gente le chiede».

Ma anche lei nel portafoglio ha l’immaginetta della Madonna di Mongenero?
«Ce l’avevo, ma con gli anni son diventato più devoto a Padre Pio. Ho un braccialetto comprato da un ambulante senegalese, fatto di tante medagliette col volto del frate di Petralcina. E basta fare un giro tra le bancarelle del mercato, per scoprire che queste immaginette sacre ora ce le copiano anche gli ambulanti cinesi. Ragazzi, svegliamoci, se loro le vendono vuol dire che c’è un mercato. Anche nella rossa, anticlericale Livorno. Suvvia, siamo seri. E se poi il miracolo lo facessero davvero? Chi può dirlo? Le vie del Signore sono infinite...».