Vincoli per l'architettura

Il commento

Firenze, 20 ottobre 2017 - Dopo decenni di lotte culturali, lentamente, qualcosa si muove. Anche Firenze con altre città, ha intrapreso l’urbanistica del “recupero urbano” (o della “rigenerazione” dei volumi esistenti) al fine di evitare nuovo irreversibile consumo di suolo. E’ di tutta evidenza come questa “svolta” nelle politiche urbane sia una leva non secondaria negli investimenti finanziari. Ed è altrettanto evidente come l’altra punta della leva sia l’attenzione verso i nuovi “vincoli” degli edifici, che altro non sono che i “riconoscimenti di pubblico interesse di un’opera”, alla stregua di un dipinto, di una scultura, di un documento. Alla saggia indicazione della vecchia legge di tutela, migrata pari pari nel Codice dei Beni Culturali (2004), che prevedeva la possibilità di apposizione del vincolo dopo i 50 anni , arriva ora inaspettato e semiclandestino l’art. 175 della legge n. 124 del 4 agosto di quest’anno (“Legge annuale per il mercato e la concorrenza”) che eleva a 70 anni la soglia di applicabilità .

Le motivazioni? Eccole, asciutte e perentorie, che riguardano principalmente il mercato antiquario delle esportazioni: “Al fine di semplificare le procedure relative al controllo della circolazione internazionale delle cose antiche che interessano il mercato dell’antiquariato...”. Evidentemente, è sfuggito al legislatore (e ai responsabili del Beni Culturali) come l’applicazione pedissequa (ma inevitabile) dei 70 anni investa anche il patrimonio architettonico, con conseguenze deleterie per la tutela. L’impossibilità di salvaguardare opere del tardo razionalismo o degli anni Cinquanta e Sessanta significa mettere a rischio opere di Pier Luigi Nervi, di Morandi, di Musmeci; a Firenze non potremo tutelare le opere di Michelucci, di Savioli, di Detti o di Spadolini... Insomma, i 50 anni avevano la loro logica: corrispondevano al tempo di due generazioni e alla sedimentazione di un giudizio critico ragionevole e ragionevolmente accettato da personalità come Cesare Brandi, De Angelis d’Ossat, Carlo Ludovico Ragghianti, Roberto Longhi. Ma oggi , chi sono i consulenti qualificati del Mibact ?. C’è quasi da pensare che la distrazione non sia casuale e che nell’assenza pressoché totale di linee urbanistiche del paese, si voglia facilitare la libera speculazione distruttiva all’interno della “riabilitazione” degli edifici esistenti. Vorremmo sbagliarci: ma il libero imperversare della finanza internazionale nei centri storico- artistici non sembra estraneo a questa novità legislativa. Sembra cogliere ancora una spinta monodirezionale alla sola ricettività turistica, vettore a rischio nel processo di marginalizzazione che si avverte sempre più intensamente.

E’ chiedere troppo che nel Regolamento attuativo della legge da poco promulgata si corregga l’indicazione dei 70 anni, riportandola a 50 per l’architettura? In definitiva i “monumenti” non si esportano (se non a pezzi) e la logica ben collaudata del Codice dei beni culturali resterebbe ancora la miglior garanzia verso il nostro tormentato patrimonio culturale.