Ambiente, tutelarlo si può

Il commento

Francesco Gurrieri

Francesco Gurrieri

E’ PASSATO poco meno di un secolo e mezzo (1876) da quando l’abate Antonio Stoppani scrisse il suo libro sul “Bel Paese”, capolavoro di divulgazione naturalistica sull’Italia. Aveva un sottotitolo, di grande significato: “Conversazioni sulle bellezze naturali, la geologia e la geografia fisica dell’Italia”. Era la stagione del “gran tour” e la conoscenza del nostro paese era un vero e proprio ‘must’, un imperativo per autocertificarsi intellettuali internazionali. E il nostro paese fu forse il primo a mettere a punto una legge specifica che dal 1909 vige ancor oggi, attraverso quella, ben fatta (da Giovannoni, Brandi, Argan e Bottai) del 1939, “Tutela delle bellezze naturali”, oggi trasferita nel Codice dei beni culturali. Poi, le guerre e il dopoguerra.

Il “boom” economico e le prime spregiudicatezze nel consumo del suolo e del paesaggio. Antonio Cederna, Roberto Pane e alcuni bravi soprintendenti combatterono per la salvaguardia dell’immagine storica che Goethe, Ruskin, Berenson avevano contribuito a creare e a descrivere. Lotte spesso perdute, raramente vinte: ad Agrigento, a Napoli, ai Fori di Roma, sulle colline di Firenze, sui colli euganei, a Venezia. L’eredità di Cederna, prima raccolta da ‘Italia Nostra’ e da altro associazionismo ambientalista, si è progressivamente rarefatta. Tutto questo si aggiunge alla fragilità geomorfologica e sismica del nostro paese, nonché alle difficoltà di districarsi dalla stratificazione burocratica che ha condannato interi territori come quelli di Amatrice e Norcia, a non esser capaci di rimuovere più del dieci per cento delle macerie in 12 mesi! Un’assurdità, come ha rilevato Giuseppe Zamberletti, primo storico ministro della “protezione civile”.

E tutto questo per il garbuglio di leggi, norme e circolari che ha finito per paralizzare ogni attività restaurativa e ricostruttiva ed edilizia, la cui professionalità, fino ad alcuni anni fa, era apprezzata in tutto il mondo. Ora sopraggiunge il sisma di Ischia, che fa riscoprire l’abusivismo. Il paradosso è che, nel contempo, dentro le nostre città si è scatenato un mercato edilizio, assai appetibile a capitali stranieri.

Finita (almeno temporaneamente) l’urbanistica regolatrice si è aperto il mercato edilizio urbano, con veri e propri “portali pubblici” indicati dai comuni: risultato di un nuovo “free-urban planning” del mercato della finanza internazionale, ossigenato dal neo-liberalismo ormai diffuso. Neo-liberalismo come orientamento di politica economica favorevole ad un mercato privo di regolamentazione in balìa al mercato. Allora, se così è vediamo di utilizzare di più quei tecnici che ancora prepariamo nei nostri atenei: gli “ingegneri per l’ambiente e il territorio” e gli “architetti paesaggisti”. Se non saranno la soluzione, potranno almeno contenere l’ultimo consumo di paesaggio e di disattenzione antisismica.