Nuovi parchi, ambientalismo vecchio stile

Il direttore de La Nazione risponde ai lettori

Pier Francesco De Robertis

Pier Francesco De Robertis

Firenze, 29 marzo 2017 Caro direttore, ho visto che è in discussione una legge alla Camera sulla riforma dei parchi. Vedo che gli ambientalisti strepitano, e questo mi preoccupa. Vogliono forse distruggere ciò che resta un presidio dell’ambiente italiano sempre più a rischio?

Simone Strillozzi

Caro Strillozzi, contrariamente a Lei lo strepitìo di ambientalista non basta a farmi preoccupare sul destino dell’ambiente, perché ho da tempo sorpassato l’idea che gli ambientalisti, e solo gli ambientalisti, siano i migliori e gli unici difensori della natura. Tanto più nel caso che Lei cita, quando una parte del mondo ambientalista - quella meno ideologizzata e secondo me più evoluta - è d’accordo con la riforma approvata al Senato e adesso in discussione alla Camera.

L’idea della riforma nasce dalla necessità di una maggiore integrazione tra parchi e territorio circostante, e dall’esigenza che un ambiente protetto e ben gestito può coniugarsi con lo sviluppo e il reddito. Reddito che viene reinvestito nella gestione del parco e sua volta generare nuove occasioni di fruizione e protezione. Gli ambientalisti integralisti pensano invece che fare un parco sia semplicemente disseminare una zona di divieti di tutti i tipo, così da vietare ogni cosa. In pratica una riserva integrale, modello Montecristo. Che infatti è in mezzo al mare. Mi pare una concezione un po’ ottocentesca.