Il Papa a Milano sceglie carcere e periferie vere

Il direttore della "Nazione" risponde ai lettori

Pier Francesco De Robertis

Pier Francesco De Robertis

Firenze, 25 marzo 2017 - Caro direttore, il Papa va a Milano, ma contrariamente al «normale» sceglie un itinerario insolito, e nel capoluogo lombardo visiterà un quartiere di periferia e il carcere di San Vittore. Mi chiedo che senso abbia questa sottolineatura: conta solo questo per la Chiesa? Ciro Reattelli

Caro Reattelli, la scelta di Francesco non stupisce in nessun modo. Che cosa dovevamo aspettarci da un papa che girava per Buenos Aires con i mezzi pubblici, visitava a piedi e casa per casa le villas miserias di cui è popolata la capitale argentina, incontrava personalmente i poveri e ogni settimana visitava malati e carcerati? E’ evidente che per Bergoglio la Chiesa deve avere questo slancio, uscire dalle sacrestie e bussare alle porte delle case. E deve iniziare dagli ultimi, dai più poveri, da chi si trova in maggiore difficoltà. E’ lo slancio missionario dei gesuiti, quello che ha reso l’ordine ignaziano il più importante evangelizzatore nella storia della Chiesa (ricordiamo Matteo Ricci e i suoi viaggi in Cina) , ed è lo slancio che sta riconciliando una parte della nostra gente con la Chiesa di Roma. Per Bergoglio è quindi perfettamente normale che se un papa va a Milano non debba fermarsi in prefettura, in un dorato convegno con le autorità e i maggiorenti, ma vada in carcere e in un quartiere periferico. E’ il suo messaggio al mondo. Un giorno ce ne ricorderemo.