Don Milani, quelle "troie" poco cristiane?

Il direttore de La Nazione risponde ai lettori

Pier Francesco De Robertis

Pier Francesco De Robertis

Firenze, 13 maggio 2017 - Caro direttore, ho letto nel suo pezzo sui cinquant’anni di «Lettera a una professoressa» la frase in cui don Milani in una lettera ricorda «le troie che hanno bocciato» due dei suoi ragazzi. Ma uno che chiama «troie» due insegnanti che hanno fatto il loro lavoro (non superpagate) può essere considerato un santo? Mi facciano il piacere...

Aristide Fineschi

Caro Fineschi, le parole di don Milani sono dure, ma in diversi passi duro è il Vangelo (Gesù prende a schiaffi i mercanti nel tempio, dice di «essere venuto a portare la spada») e duri sono i comportamenti di tanti santi. La santità spesso è rottura. Quindi non mi scandalizzo più di tanto che don Lorenzo abbia chiamato «troie» le due professoresse. Il punto è però un altro: chi fu quel prete? Un santo, un capopopolo, un educatore? E che giudizio dare sulla sua figura? La risposta è complessa, perché suoi suoi insegnamenti si sono poi innestati altri presunti maestri ed è divenuto impossibile distinguere l’originale dalla copia. Credo che in fondo il Priore di Barbiana fosse un mistico, innamorato di Dio, e sotto questo aspetto lo ritengo un santo. L’idea di una Chiesa che deve uscire dalle sacrestie è la sua prima che di papa Bergoglio. La parte più datata del suo insegnamento mi pare quella pedagogica. L’organizzazione della scuola. Per combattere il classismo Milani ne propone un altro, anche se rovesciato. L’arma più democratica del mondo è il merito, e don Lorenzo con una scuola che non valuta, di fatto lo esclude alla radice. Un danno ai poveri.