Il paradigma di Cortona

Il commento

Arezzo, 28 maggio 2017 - Con Cortona non riesco ad essere imparziale, lo confesso. Era e resta un “luogo dell’anima”. Lo sanno bene gli amici tedeschi, i francesi (Mitterand era di casa), i tanti romani che l’hanno letteralmente occupata. Ha una sola strada pianeggiante (il Corso), per il resto è arrampicata su quella inimitabile collina, con le porte dai nomi meravigliosi: Porta Berarda, Porta Bifora, Porta Montanina. Cortona è forse il più esemplare dei “centri storici” del nostro paese: per stato di conservazione, per qualità urbana ed artistica, per civiltà, per vita di relazione.

Per decenni si è animatamente discusso sulle modalità di conservazione di questi singolari “monumenti urbani”: ci si è consumati nel mettere a punto norme, metodologie, regolamenti per la loro salvaguardia. Qualcosa, forse, ne è sortito. E Cortona ne è l’esempio più calzante che in tutta Europa ci invidiano. E allora il pensiero va anche al più umile difensore di questa città, a “Farfallino”, al secolo Raimondo Bistacci, che in tempi non sospetti combattè eroicamente in solitudine per le bellezze della città di Luca Signorelli e di Pietro Berrettini.