I ‘millennials' ci insegnano l'ottimismo

Il commento

Francesco Meucci

Francesco Meucci

Siena, 1 ottobre 2016 - Sono nati fra l’inizio degli anni Ottanta e la metà dei Novanta del secolo scorso, hanno imparato a cliccare con un mouse prima ancor di saper tenere una penna in mano, si esprimono con le emoticons anche quando parlano e sono destinati a diventare i leader di domani. Sono i cosidetti «millennials», o «generazione Y», i trentenni di oggi, i ragazzi diventati adulti a cavallo dei due secoli e ora prossimi a prendere le redini del pianeta in mano. Un centinaio di loro, provenienti dal tutta Europa, si sono dati appuntamento a Siena in questo fine settimana invitati dall’Università a discutere e dibattere di Europa. Tema forte e molto sentito da chi non ricorda (o ricorda male) di aver pagato qualcosa in lire.

Enciclopedici e onniscienti, i «millennials» vedono nell’Europa ciò che ancora non è: un’occasione di riscatto e di rilancio, il luogo dove realizzarsi e portare a compimento il proprio percorso di vita. Probabilmente spetterà proprio a loro terminare di costruire ciò che gli inglesi hanno provato ad affondare. Perciò non sarà un caso se considerano la Brexit «un’opportunità per iniziare una riflessione sull’Unione Europea», così come sono altrettanto convinti che un’eventuale vittoria del «sì» al referendum costituzionale non produrrà effetti positivi per la Ue. Pragmatici per necessità, sembrano riporre una fiducia smisurata nel Vecchio Continente. Loro sì che non hanno dubbi: la salvezza passa da Bruxelles e non da Pontida e per questo, in qualche modo, dovranno trovare pur la forza di convincere anche a noi, che invece siamo di un’altra generazione. Ammesso, ovviamente, che si abbia la voglia e la pazienza di starli ad ascoltare.