I fantasmi di Cefalonia

Il commento

Firenze, 19 ottobre 2017 - Perché parlare ancora della tragedia della Divisione Acqui a Cefalonia nei giorni seguenti l’armistizio del settembre 1943? La Nazione se ne è occupata varie volte e in maniera approfondita aprendo confronti e dibattiti. Adesso scende in campo anche “Storia e storie di Toscana”, riprendendo proprio quello spirito, dedicato in gran parte a quello che e si può definire un simbolo della storia d’Italia che non ha mai trovato pace.

A distanza di oltre settanta anni Cefalonia resta ancora l’isola dette tante, troppe verità, e soprattutto dei molti interrogativi che non hanno trovato risposte chiare e precise. Non ci sono certezze, per esempio, sul numero dei militari italiani morti in combattimento e fucilati in nome di una barbara rappresaglia dai tedeschi. Si va da novemila caduti (sicuramente troppi) a meno di duemila (probabilmente pochi). Restano in piedi posizioni contrapposte, e spesso sostenute da accese polemiche sul ruolo del comandante della Acqui, il generale Antonio Gandin, messo al muro e poi insignito della medaglia d’oro, e soprattutto su quello dell’allora tenente Renzo Apollonio. al quale la medaglia d’oro sarà negata. Nel suo libro “Cefalonia. La resistenza, l’eccidio, il mito” la storica Elena Aga Rossi, basandosi anche su una serie di documenti e di dichiarazioni, bolla con durezza Renzo Apollonio come collaborazionista dei tedeschi. Ci sono altrettanti, se non più, documenti e dichiarazioni, che difendono e spesso esaltano il ruolo del futuro comandante della regione militare con sede a Firenze. Ma le divergenze persistono persino sul significato da attribuire alla decisione della Acqui di prendere le armi e combattere i tedeschi.

IL PRESIDENTE Ciampi, proprio a Cefalonia, lo definì il primo atto di resistenza dell’Italia libera dal fascismo. Tesi almeno in parte confutata da alcuni storici, compresa Elena Aga Rossi che attribuiscono alla decisione dei soldati italiani significati ben diversi. C’è quindi ancora molto da approfondire e da chiarite su quello che resta comunque un atto di grande eroismo soffocato dai tedeschi con inaudita ferocia. Ecco perché, tenendo conto anche dei molti legami fiorentini e toscani (la sede dell’Associazione reduci e familiari è ad Arezzo) affrontiamo da più angolature il tema, scottante e impegnativo, di Cefalonia e si prepara ad organizzare un confronto pubblico fra storici ed esperti. Senza voler portare nuove verità e con la consapevolezza dei limiti che può avere un lavoro giornalistico, ma con la certezza che i protagonisti di quella terribile e traumatica pagina della nostra storia avrebbero meritato, e meritano rispetto, considerazione e gratitudine ben maggiori.

* Pierandrea Vanni è direttore di Storia e storie di Toscana