La strana giustizia sportiva

L'analisi

Firenze, 27 settembre 2017 - La Juve non ama lamentarsi (e di che dovrebbe, di grazia? - si chiederanno gli amici maliziosi) ma so di club, di dirigenti, di allenatori che alla vigilia di un match di Champions non avrebbero gradito una (pesante) condanna del loro presidente Andrea Agnelli. Sentenza a dir poco destabilizzante - avrebbero detto in altri tempi; ma i tempi, com’è noto, sono cambiati; l’attenzione, ormai, è tutta riservata ai quattrini; sensibilità a parte, il calcio si è largamente dato alla socialpolitica, e la Juve per prima ne paga le conseguenze, anche se le vengono in soccorso i tribunetti come Mihajlovic che la buttano in paleopolitica (operai contro padroni) e fanno figura meschina condannando Magic Belotti al digiuno.

I giustizialisti di varia natura fanno del moralismo spicciolo quando le cronache sportive s’incrociano con quelle giudiziarie, quando si sentenzia all’ingrosso, dimenticando - come mi ha detto Carraro nella recente intervista - che per poter giocare una finale di Coppa Italia (detta del Presidente della Repubblica, per l’occasione saggiamente assente) un’intera tribuna di autorità istituzionali, politiche, militari e sportive sopportò, anzi seguì con ansia, la trattativa delle forze dell’ordine con Genni ‘a Carogna, il quale infine autorizzò lo svolgimento di Napoli-Fiorentina con un moribondo in casa.

E per fortuna Andrea Agnelli è appena stato nominato presidente di un ente sportivo europeo, sennò lo avrebbero condannato a vita. Il calcio esibisce più che mai i suoi odiatori - presenti un po’ dappertutto - anche con atti di autolesionismo che prima o poi si pagheranno. E tuttavia la Juve se ne va, senza lamenti, senza predisporre alibi, a giocarsi la sua partita di Champions contro l’Olympiakos, decisa a vincere per garantirsi il passaggio del turno insieme al Barça delle meraviglie.

E più che a Agnelli pensa al campo, alla soluzione dei problemi evidenziati con i catalani (stasera a doppia carica, per se stessi e per la Catalogna, contro lo Sporting e contro Madrid), sperando che Allegri stavolta pensi a un centrocampo più armato, come ha suggerito l’abbondante superiorità esibita contro il Toro proprio nella zona nevralgica del campo, grazie al Pjanic migliore, al lavoratore Matuidi e ai soccorritori Alex Sandro, Cuadrado, Mandzukic e Dybala: una Juve armonica che si è permessa il lusso di panchinare Higuaín. Con i greci, tuttavia, sarà meglio riarmare i suoi piedi bombaroli.