L'agricoltura non è solo caporalato

Il commento

Francesco Meucci

Francesco Meucci

Firenze, 5 ottobre 2015 -  LA PIAGA del caporalato scuote la Toscana. Una terra, la nostra, che poteva apparire immune a certe pratiche di illegalità, soprattutto laddove batte il suo cuore più genuino: in campagna. Tra i filari delle vigne, in mezzo ai campi e fra gli ulivi il fenomeno si presenta strisciante e di difficile intercettazione. Lo ha dimostrato un’inchiesta del nostro giornale nella zona dell’Empolese Valdelsa, una delle più vocate alla agricoltura. Denunce, segnalazioni, abbocchi e poi il «caporale» e i suoi braccianti che nei fatti si dimostrano sfuggenti e imprendibili.

L’agricoltura, in special modo quando prende forme industriali per estensione e quantità, può correre il rischio di scivolare nell’illegalità. Per questo i controlli sono stati intensificati e si sono fatti massicci in certe zone. Si racconta di vigne battute a tappeto, di cantine passate al setaccio, di blitz improvvisi in mezzo ai filari. Ispettorato del lavoro, ma anche forze dell’ordine, aziende sanitarie e tutti i titolati a far rispettare la legalità sui campi hanno fatto sentire la loro presenza. Bene, anzi benissimo.

EPPURE, c’è una storia dell’agricoltura da tutelare e preservare. E’ quella dello scambio, dell’aiuto reciproco. Quella del contadino che presta l’attrezzo al confinante, del vignaiolo che chiede una mano al vicino o al parente quando ha bisogno di affrettare la raccolta perché, magari, teme la grandine sull’uva matura. Decisioni prese sul minuto, fondate più sulle regole non scritte del mutuo soccorso che non sul codice del lavoro. Casi difficili e dai labili confini giuridici. Ma che rappresentano – al pari della nostra terra – una ricchezza e una risorsa giammai da confondere con un fenomeno odioso e criminale quale è, appunto, il caporalato.