Cgia: "La spesa pubblica italiana 4 punti sotto la media europea. Tasse legate a debito e pensioni"

Se la voracità del Fisco aumenta non è perché siamo un popolo di dissipatori, ma perché due nodi non facili da sciogliere stringono il Paese. Paolo Zabeo: "Nell'immediato pensioni non facilmente comprimibili". Ma se l'economia riparte, almeno il rapporto debito-pil scenderà

Cgia, niente aumenti Irpef in 13 Regioni

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Roma, 27 agosto 2015 - Gira e rigira, il punto è sempre quello. Per star dietro alla spesa pubblica (condizionata da debito e pensioni), la voracità del fisco aumenta. E pensare che, senza queste due eccezioni, la spesa italiana 'reale' sarebbe largamente sotto la media europea.  Altro che paese di dissipatori e spendaccioni.

DATI ILLUMINANTI - Secondo l'Ufficio studi della Cgia di Mestre, "in questi ultimi 15 anni le tasse in Italia sono infatti aumentate perché la spesa pubblica è cresciuta più rapidamente". Tra il 2000 e il 2014, infatti, "le entrate tributarie sono aumentate del 38,6%, mentre la spesa pubblica al netto degli interessi sul debito è salita del 46,5%". Entrambe queste due voci hanno subito "un'impennata nettamente superiore a quella registrata dal Pil italiano che nello stesso periodo di tempo ha segnato un incremento del 30,4%". 

SOSTIENE PADOAN - Nella giornata conclusiva del meeting di Comunione e Liberazione - osserva Paolo Zabeo della Cgia - il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, "ha dichiarato che per tagliare le tasse bisogna assolutamente ridurre la spesa pubblica". Insomma, dice Zabeo, "per trovare le risorse per azzerare la Tasi e l'Imu sulla prima casa e per ridurre l'Ires e l'Irpef bisogna invertire di 180 gradi le politiche di bilancio adottate in questi ultimi 15 anni".

ENTRATE ALL'INSEGUIMENTO DELLE USCITE -  Le tasse "hanno inseguito le uscite, al fine di evitare che i nostri conti pubblici saltassero per aria - aggiunge Zabeo - con il risultato che il carico fiscale sui cittadini e sulle imprese è aumentato a dismisura per coprire gli aumenti di spesa che, purtroppo, non hanno ridotto le disparità esistenti tra le persone in difficolta' e le classi sociali più abbienti".

RAFFRONTO CALIBRATO - Tuttavia, fa notare l'Ufficio studi della Cgia, "sarebbe ingeneroso definirci un paese di spendaccioni". Gli ultimi dati disponibili (anno 2013) ci dicono che "la spesa pubblica italiana è pari al 50,8% del Pil, solo 1,4 punti in più della media dei paesi dell'area euro". Detto ciò, "se dall'importo totale togliamo la spesa pensionistica (16,7% del Pil) che, nel breve periodo, risulta essere difficilmente comprimibile e quella per interessi sul debito pubblico (4,9% del Pil), le nostre uscite si riducono al 29,2% del Pil, contro una media dei paesi che compongono l'area euro pari al 33,8%, potendo così contare su una spesa media, al netto di previdenza e interessi, più contenuta di ben 4,6 punti percentuali di Pil". 

AUSTERITA' CONTROPRODUCENTE - Ovviamente, concludono dalla Cgia, "scontiamo gli effetti negativi di una spesa pensionistica che nel passato è stata molto generosa e di un debito pubblico che, nonostante l'austerità e il rigore di questi ultimi anni, ha comunque continuato a crescere".

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